“Ho acquistato attraverso la mia banca un diamante come bene rifugio ed ho seguito tutto l’iter delle denunce da parte delle associazioni dei consumatori, al che mi sono affrettata con una di queste a chiederne il rimborso. Nessuna risposta ricevuta devo continuare a procedere per vie legali inviando altre missive?.
Quali iniziative devo intraprendere per la restituzione di ciò che mi è dovuto?
Grazie per la risposta”
– Gentile lettrice, dalla sua domanda presumo che Lei sarebbe una delle clienti che ha acquistato in banca un diamante, magari su sollecitazione proprio di uno dei funzionari stessi, a prezzi esorbitanti rispetto alle quotazioni internazionali, non giustificati nemmeno dalle dovute e legittime commissioni in favore dell’istituto, che ha agito nel caso specifico come intermediario.
Dopo le sanzioni comminate dall’autorità Antitrust alla fine di ottobre a diverse grandi banche italiane (Unicredit, Intesa-Sanpaolo, MPS e Banco Bpm) sulle modalità di vendita delle pietre preziose, Lei avrebbe titolo per recarsi presso la sua banca (una delle suddette, a quanto pare) per richiedere indietro l’investimento eseguito, commissioni incluse. Poiché non ha ricevuto alcuna risposta, il consiglio che mi sento di suggerirLe è, anzitutto, quello di recarsi fisicamente alla filiale in cui aveva investito, in modo da parlare a quattrocchi con il direttore o altro funzionario, nella speranza che possa ottenere quanto si aspetti, ovvero la restituzione dell’investimento effettuato. E’ probabile che Le offriranno di aderire a uno dei famosi “tavoli dei consumatori” per trovare un compromesso. Lasci perdere. Una banca che Le ha rifilato un bene a prezzi ingiustificabili e che ha persino subito per ciò sanzioni da parte dell’Antitrust non meriterebbe ulteriore fiducia e attenzione al riguardo. (Leggi anche: Diamanti in banca, cosa fare dopo le sanzioni Antitrust?)
Se così continuasse a non ricevere risposta (positiva) alla Sua richiesta, allora Le converrebbe rivolgersi a una delle associazioni dei consumatori che hanno seguito il caso.
Infine, rispondendo a Lei, vorrei approfittare per chiarire un punto in questa vicenda, che mi sembra sia stato sottovalutato o sottaciuto dalle stesse banche, aldilà delle modalità in cui è stato propinato l’investimento. I diamanti non sono un bene rifugio come l’oro, godendo di caratteristiche assai diverse. Sono un bene prezioso, che tende a conservare e ad accrescere il proprio valore nel tempo, ma a differenza dell’oro non si muovono in un mercato liquido, tant’è che non esiste una vera quotazione internazionale del diamante. Al momento, se mi chiedesse quale sarebbe il prezzo di un diamante per carato, Le risponderei che non sarebbe possibile saperlo, nonostante qualche tentativo recente in India di creare una piattaforma di trading allo scopo, mentre sono perfettamente in grado, consultando le quotazioni internazionali, di dirle che un’oncia di ora viene scambiata in questi minuti a poco più di 1.264 dollari.
Investire in diamanti ha senso, intendiamoci, ma non si pensi che all’occorrenza possano essere rivenduti similmente a quanto accade con l’oro, non essendoci un mercato affollato di domanda e offerta che generi una quotazione riconosciuta. Ciò, in conseguenza del fatto che ciascuna pietra tende ad assumere un valore a sé, a seconda del taglio, del colore, della purezza, del peso, etc. Nel suo caso, la banca le ha rilasciato certamente un certificato, che ne attesta le caratteristiche e garantisce sull’autenticità, per cui la rivendita sarebbe stata forse meno complicata, per quanto ugualmente non immediata, essendo il prezzo non così univocamente individuabile. Consiglio: investire in diamanti ha senso, purché si tenga conto che nel caso di rivendita serva tempo (anche tanto) per trovare un acquirente disposto a pagarci l’importo richiesto. (Leggi anche: Investire in diamanti, vediamo qualche accorgimento)