Tempi duri per gli automobilisti italiani, nel mirino del governo giallorosso di Movimento 5 Stelle e Partito Democratico. Al netto dello “sconto” che s’ipotizza ci concederà la Commissione europea per alleggerire la manovra di bilancio per il 2020, restano tanti i miliardi di euro da reperire per sventare gli aumenti dell’IVA e per finanziare misure di spesa. E la benzina è da decenni il mezzo più rapido per fare cassa in Italia. Gli aumenti, però, non riguarderebbero la generalità del carburante, quanto il diesel, su cui gravano accise più basse di quelle imposte sulla verde: 72,8 centesimi al litro contro 61,7.
Prezzi benzina 2020, aumento sul diesel?
Tra le ipotesi allo studio del ministro delle Finanze, Roberto Gualtieri, vi sarebbe la parificazione di tali accise, che provocherebbe un aumento sul diesel di 11,1 centesimi al litro, pari a un aggravio finale di 13,54 centesimi, tenuto conto dell’IVA. Un pieno costerebbe oltre 5 euro in più e l’aggravio su base annua si aggirerebbe sui 130 euro. In pratica, buona parte dei risparmi millantati con la disattivazione delle clausole di salvaguardia verrebbe meno.
Ma la stangata non sarebbe finita. Già prima che cadesse il governo gialloverde, il premier Giuseppe Conte aveva siglato un’intesa con regioni e province autonome all’insegna del “più inquini, più paghi”. In teoria, un principio giusto, nella pratica dagli effetti sociali tutt’altro che desiderabili. Poche settimane dopo, a dire il vero, l’allora ministro dello Sviluppo, Luigi Di Maio, aveva promesso l’abolizione del bollo auto, ma si tratta di parole rimaste lettera morta. Anzi, adesso rischiano di essere smentite con il cambio della maggioranza. Vediamo perché.
Stangata per automobilisti
Quel “più paghi, più inquini” implicherebbe che sulle auto più vecchie e quelle di maggiore potenza gravi un bollo auto più alto. In sostanza, una Euro 0 pagherebbe più di una Euro 6, ma anche un’auto con potenza superiore ai 100 Kw pagherebbe più di una con potenza inferiore.
A questo punto, il modello a cui si potrebbe fare riferimento per evitare simili ripercussioni sociali sarebbe quello olandese del “pay per use”, cioè della tassazione legata all’intensità dell’uso del veicolo. Sembrerebbe lineare, eppure anche in questo caso si colpirebbero alcune categorie di contribuenti a favore di altre: il bollo auto rincarerebbe per pendolari, lavoratori in generale e abitanti in zone periferiche, mentre rimarrebbe più basso per chi vivesse al centro, vicino ai luoghi di lavoro o non utilizzasse l’auto per andare a lavoro, magari perché si vive di rendita o si svolge un’attività che non richiede alcuna mobilità (telelavoro). Ma sarebbe equo tutto ciò?
E allora, se davvero al governo stesse a cuore la questione ambientale, l’unica soluzione possibile sarebbe di incentivare comportamenti virtuosi, non di penalizzare quelli ritenuti poco eco-sostenibili. In altre parole, una politica improntata ad abbassare le tasse a carico dei contribuenti che inquinano di meno, non ad alzarle a chi per varie ragioni si trovi costretto a inquinare di più. Il punto è proprio questo: l’ondata di ecologismo improvvisato, non solo in Italia, si deve non tanto a una presa d’atto del tema ambientale, quanto alla necessità di reperire fondi per finanziare la lista sempre più lunga della spesa pubblica, incompatibile con le ristrettezze delle finanze statali.
L’ambientalismo alla Greta è una scusa per rifilarci nuove tasse “ecologiche”