“Per essere certo di conquistare la zona dove hai impegnato battaglia, attacca un punto che il nemico non difende. Per essere certo di tenere ciò che difendi, attestati dove il nemico non può attaccare“, affermava Sun Tzu.
Attaccare e difendere al momento giusto è importante. Solo in questo modo è possibile vincere le sfide che ci ritroviamo ad affrontare. Ovviamente non parliamo di sfide in senso fisico. Bensì della necessità di approcciarsi ai vari problemi in modo propositivo, al fine di trovare una soluzione e raggiungere gli obiettivi prefissati.
Ma non solo, soltanto reagendo attivamente è possibile far valere i propri diritti. Lo sanno bene i tanti pensionati che dopo molti anni di lavoro si ritrovano a percepire trattamenti talmente bassi da risultare inadeguati alle proprie esigenze. Da qui la volontà di farsi sentire dagli organi competenti pur di migliorare il sistema previdenziale del nostro Paese. Ecco cosa c’è da aspettarsi.
Difendere le pensioni: in arrivo la class action dopo l’estate?
Le pensioni non smettono di essere oggetto di polemica. Tante purtroppo sono le criticità che rendono il sistema pensionistico italiano non a passo con i tempi e soprattutto non sempre in grado di rispondere alle esigenze dei lavoratori. Basti pensare ai requisiti anagrafici e contributivi che si rivelano essere particolarmente stringenti, tanto da rendere per molti il traguardo della pensione una vera utopia. Anche perché per ogni pensione da pagare corrispondono un numero di lavoratori che versano contributi. E come ben sappiamo è la disoccupazione a farla da padrona in questo periodo storico.
A peggiorare la situazione ci si mettono gli importi così esigui da rendere difficile riuscire ad arrivare a fine mese. Proprio in tale contesto si inserisce la class action promossa a marzo di quest’anno dai sindacati contro gli importi dei trattamenti pensionistici che per molti sono risultati più bassi del previsto per via della rivalutazione, nonostante l’applicazione di una percentuale provvisoria pari al 7,3%.
Le nuove percentuali di rivalutazione delle pensioni del 2023
A finire nel mirino della class action sono state le percentuali di rivalutazione stabilite dal governo. Quest’ultime sono passate da tre a sei, riducendosi all’aumentare della pensione. A tal proposito, come si evince dal sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali:
“Per i trattamenti pari o inferiori a quattro volte il minimo (2.101,52 € al mese ai valori lordi del dicembre 2022) la rivalutazione, pari al 100% dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo, è stata applicata dall’INPS a partire dal 1° gennaio 2023, determinando un incremento delle pensioni pari al 7,3%.
Dal 1°marzo 2023 sono rivalutati, secondo il meccanismo stabilito dall’articolo 34, comma 1, della Legge 23 dicembre 1998, n. 448, anche i trattamenti superiori a quattro volte il minimo INPS, come di seguito specificato:
- nella misura dell’85% per i trattamenti pensionistici complessivamente pari o inferiori a cinque volte il trattamento minimo INPS, determinando un aumento del 6,205%;
- nella misura del 53% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a cinque volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a sei volte il trattamento minimo INPS, determinando un aumento del 3,869%;
- nella misura del 47% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a sei volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a otto volte il trattamento minimo INPS, determinando un aumento del 3,431%;
- nella misura del 37% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a otto volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a dieci volte il trattamento minimo INPS, determinando un aumento del 2,701%;
- nella misura del 32% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a dieci volte il trattamento minimo INPS, determinando un aumento del 2,336%”.
Le tre vecchie percentuali di rivalutazione, invece, erano pari al:
- 100% per le pensioni fino a 2.062 euro lordi;
- 90% per pensioni fino a 2.577,90 euro lordi;
- 75% per trattamenti superiori a 2.577,90 euro lordi.
Come è facile notare, quindi, rispetto alle precedenti percentuali, le nuove garantiscono aumenti particolarmente ridotti per chi ad esempio percepisce trattamenti pari a circa 2500 euro.