“La pensione è come una lunga vacanza a Las Vegas: l’obiettivo è godersela al massimo, ma non fino al punto da rimanere senza soldi” afferma Jonathan Clements. In effetti, proprio come una bella vacanza, la pensione consente di staccare la spina dai vari impegni della vita quotidiana e potersi dedicare alle proprie passioni. A tal fine bisogna inevitabilmente spendere dei soldi. Quest’ultimi provenienti, generalmente, dal lavoro oppure dalla pensione. Per questo motivo è facile intuire come siano in tanti a non vedere l’ora di poter accedere al trattamento pensionistico.
Per fare ciò è necessario essere in possesso di determinati requisiti sia anagrafici che contributivi. Proprio quest’ultimi finiscono spesso al centro delle polemiche in quanto considerati particolarmente stringenti. Lo sa bene il nuovo governo a guida Meloni che è al lavoro per apportare delle modifiche al sistema pensionistico italiano. Diverse le ipotesi in ballo come, ad esempio, Quota 103. Ma qual è la differenza tra quest’ultima e quota 41? Ma, soprattutto, quale conviene?
Differenze tra Quota 103 e Quota 41 nella versione 2023: quale conviene?
L’esecutivo è al lavoro per mettere in campo delle misure volte ad evitare il ritorno della Legge Fornero nel 2023. Il prossimo 31 dicembre segnerà quasi sicuramente la fine di Quota 102. Al suo posto verrà molto probabilmente introdotta Quota 103. Quest’ultima viene considerata come una sorta di Quota 41 rivisitata e corretta. Ma quali sono le differente tra Quota 103 e Quota 41 nella versione che dovrebbe entrare a pieno regime nel 2023?
Ebbene, grazie a Quota 103 i lavoratori possono uscire dal mondo del lavoro all’età di 62 anni, a patto di aver maturato 41 anni di contributi. Quota 41, invece, prevede l’accesso al trattamento pensionistico una volta maturati 41 anni di contributi a prescindere dall’età del soggetto interessato. Proprio la presenza o meno del requisito anagrafico, pertanto, si rivela essere la principale differenza tra Quota 103 e Quota 41.
Quale conviene?
Ma per quale motivo, per andare in pensione con Quota 103, è stata introdotta un’età minima di accesso? Come è facile immaginare il motivo è da rinvenire nel bilancio dello Stato.
La soluzione 62 anni di età più 41 anni di contributi, invece, costerebbe sei miliardi di euro. Ne consegue che, dal punto di visto della sostenibilità finanziaria del sistema previdenziale nazionale, convenga di più optare per Quota 103 anziché per Quota 41. In ogni caso, qualsiasi misura introdotta con le legge di bilancio 2023 sarà provvisoria. La vera e propria riforma delle pensioni, infatti, entrerà in corso solamente nel 2023, per poi entrare a pieno regime nel 2024.
Canale precoci, Ape Sociale e Opzione donna: le altre soluzioni per andare in pensione nel 2023
In vista del prossimo anno, inoltre, il governo prorogherà quasi sicuramente Opzione donna e l’Ape Sociale. Opzione donna permette alle lavoratrici di uscire anticipatamente dal mondo del lavoro all’età di 58 anni di età se dipendenti o 59 anni se lavoratrici autonome. Questo a patto di aver maturato 35 anni di contributi.
L’Ape Sociale, invece, consente a determinate categorie di lavoratori di accedere al trattamento pensionistico al raggiungimento dei 63 anni di età e 36 anni di contributi. Tale requisito scende a 30 anni di contributi nel caso in cui si tratti di disoccupati, disabili o caregiver.
Per finire si annovera il cosiddetto canale precoci, rivolto ai soggetti che hanno iniziato a lavorare a partire dal 1982. Questo a patto che abbiano lavorato per almeno 12 mesi prima dei 19 anni o che svolgano lavori considerati gravosi, usuranti e notturni.
Al momento comunque si tratta solo di ipotesi. Bisogna attendere le comunicazioni ufficiali da parte del governo per sapere quali saranno i requisiti richiesti per andare in pensione nel 2023 e negli anni seguenti.