Si avvicina l’entrata in vigore della digital tax. Introdotta dalla legge di Bilancio 2019 e modificata dalla manovra 2020, consiste in un’aliquota del 3% sull’ammontare dei ricavi tassabili realizzati nel corso dell’anno solare.
Colpirà in generale i colossi digitali del web. Ma abbraccerà anche i grandi editori che realizzeranno ricavi a livello internazionale per almeno 750 milioni di euro all’anno e a livello nazionale per non meno di 5,5 milioni.
L’imposta si applica sui ricavi realizzati nell’anno solare, invece dei ricavi realizzati trimestralmente.
Dal 2021 scatta la digital tax
Proprio mentre si avvicina nel 2021 l’appuntamento con il primo versamento dell’imposta, i parlamentari hanno chiesto al governo Conte modifiche alla struttura del prelievo.
A muoversi con una mozione è il gruppo alla Camera di Forza Italia. Il documento che porta come primo firmatario Sestino Giacomoni, presidente della commissione bicamerale di vigilanza su Cdp (Cassa depositi e prestiti), chiede espressamente al Governo di impegnarsi per tutelare le Pmi italiane.
Particolarmente preoccupati, però, sono anche gli editori online il cui peso nel panorama dell’informazione sta assumendo dimensioni sempre più grandi.
“Da anni sentiamo parlare di digital tax, e come contribuenti italiani siamo contenti che finalmente si sia trovato uno strumento per far pagare le tasse a tutti gli operatori che hanno potuto giovarsi di lacune nei vari sistemi fiscali italiani ed europei.
Quello che però stupisce è che questo provvedimento finirà per colpire tutti gli editori digitali italiani. Anche i più piccoli regalando un ulteriore balzello del 3%“.
Così Anso, Associazione Nazionale Stampa Online che rappresenta oltre 150 testate digitali locali e non che operano sul mercato italiano, contesta il disegno della nuova norma.
Piccoli editori particolarmente colpiti
Il provvedimento sulla digital tax infatti si propone di colpire anche i ricavi dei publisher, di qualunque dimensione, che ospitano pubblicità fornita da Google. Il testo non si limita a tassare il corrispettivo di Google, ma esplicitamente include quelli dei publisher. Al paragrafo 3 punto 5, la bozza di provvedimento recita:
“Ai fini del computo dei ricavi imponibili rilevano i corrispettivi percepiti dai soggetti passivi dell’imposta che si occupano di collocare il contenuto pubblicitario mirato su siti di terzi e i corrispettivi percepiti dai soggetti passivi dell’imposta che ospitano nel sito web tale contenuto pubblicitario“.
Digital tax e doppia tassazione
Così facendo, è evidente che tutti gli editori che ospitano le pubblicità di Google si vedranno tassare ulteriormente un ricavo che è già tassato. E su cui già si pagano le tasse. In un contesto di crisi e di difficoltà di reperire pubblicità diretta gli editori, di ogni dimensione, hanno potuto godere di ricavi dalle pubblicità dei network internazionali.
Alla fine di un 2020 tragico per la vita di milioni di italiani, per l’economia di tutto il Paese dove gli editori digitali hanno rappresentato l’ultima frontiera dell’informazione locale e non, vedersi colpire da questo ingiusto ulteriore tassello è deprimente.
“Facciamo un appello al sottosegretario all’Editoria Martella, ai membri del Governo e del Parlamento italiano affinché sia rettificata la norma. E siano esclusi dalla nuova tassazione tutti i soggetti che già pagano regolarmente le tasse in Italia.
Come Anso siamo disponibili a spiegare, nel caso ci fosse la necessità, il funzionamento di questi network e la ricaduta sul mondo della piccola editoria digitale“.