L’intero Consiglio Di Amministrazione della Juventus si è dimesso nella tarda serata di ieri. Il passo indietro riguarda anche le cariche apicali: il Presidente Andrea Agnelli, il vice Pavel Nevded e l’Amministratore Delegato Maurizio Arrivabene. Quest’ultimo rimarrà formalmente in carica fino alla nomina del successore per non lasciare una società senza guida. Un fulmine a ciel sereno la decisione del management bianconero, ormai da mesi nel mirino dei tifosi per i ripetuti insuccessi sportivi e, nelle ultime settimane, persino della Procura di Torino.
(ULTIM’ORA: Exor indicherà il nome di Gianluca Ferrero, commercialista, sindaco e amministratore societario per la presidenza della Juventus. Le azioni bianconere in borsa perdono il 2,30% a metà mattinata. Avevano esordito quest’oggi a -7,2%).
La goccia che ha fatto traboccare il vaso riguarda l’inchiesta per le presunte plusvalenze gonfiate relative agli ultimi tre bilanci. Il debito societario complessivamente ne uscirebbe aumentato di oltre 200 milioni di euro. E poi c’è il caso degli stipendi. Nella primavera del 2020, ad inizio pandemia il campionato si fermò e la società bianconera comunicò che i calciatori avevano rinunciato a quattro mensilità. Secondo i giudici, la rinuncia effettiva riguardò una sola mensilità, mentre per le altre tre si trattò semplicemente di un rinvio dei pagamenti. Sarebbero state trovate scritture private in casa di alcuni giocatori, in base alle quali la Juventus avrebbe garantito il pagamento di tutte le tre mensilità formalmente cancellate.
Le dimissioni di Agnelli segnano la fine dell’era più vincente per la Juventus, ma conclusasi nel peggiore dei modi. Nove scudetti, cinque Coppe Italia, cinque Supercoppe e due finali di Champions League. Poi, il diluvio.
CR7 distrugge il sogno di Agnelli
Con CR7 la Juventus perde gioco, pezzi e tantissimi soldi. Complice la pandemia, i costi superano sempre più il fatturato. I risultati in campo arretrano, le panchine saltano ogni anno, Beppe Marotta lascia per andare all’Inter e in soli due anni la società è costretta a ricapitalizzare per complessivi 700 milioni di euro. Pressappoco il suo valore di borsa di ieri. E pensate che nell’aprile del 2019, prima della sconfitta casalinga contro l’Ajax ai quarti di Champions e dei due aumenti di capitale, la società arrivò a valere oltre 1,5 miliardi.
Il bilancio al 30 giugno scorso si è chiuso con perdite record nella storia della Serie A: -254,7 milioni. In campo è andata pure peggio. La Juventus è uscita già alla fase a gironi in Champions con soli 3 punti. Non aveva mai fatto così male. Resta in corsa in Europa League, ma dove neppure una vittoria riuscirebbe a lenire le perdite milionarie per il mancato prosieguo nel torneo di calcio più importante.
Il disastro Juventus si è avuto in questi anni anche sotto il profilo della governance. Nell’aprile dello scorso anno, assieme ad altre big italiane, inglesi e spagnole Agnelli annuncia la nascita della Superlega. Il progetto alternativo alla Champions naufraga in sole 48 ore. In questo lasso di tempo, il presidente perde la guida dell’ECA, l’associazione che riunisce i club europei, ma soprattutto l’amicizia di Aleksander Ceferin, presidente della UEFA e padrino della figlia Vera Nil.
Verso la cessione della Juventus?
E adesso? Una delle ipotesi più in voga è che il posto di Agnelli lo prenda Alessandro Nasi, cugino di John Elkann e già collaboratore della Juventus.
Non sarebbe teoricamente difficile trovare un investitore, persino italiano. Ma il punto è che di risorse per rilanciare la Juventus ne servono di più. Ci sono gli investimenti per potenziare l’area marketing, rilanciare l’immagine appannata del club e attirare in rosa i grandi talenti d’Europa o coltivarli nel proprio vivaio. Verosimile che i primi risultati del nuovo corso non arrivino da qui a qualche anno. Nel frattempo, chiunque comprasse la Juventus si ritroverebbe a dover coprire “voragini” di bilancio. Anche perché sul fronte dei diritti TV in Italia va di male in peggio.
L’era Agnelli si è conclusa nel peggiore dei modi dopo una striscia di vittorie impressionante. Sembra il caso perfetto da far studiare ai corsi di economia aziendale per capire cosa non bisogna fare quando si è all’apice del proprio successo. Da società austera e razionale, è finita per inseguire i capricci di un grandissimo talento del calcio mondiale, ma che sempre capricci rimangono. E lo testimonia il fatto che a distanza di poco più di un anno dall’addio anticipato a Torino, CR7 sia stato licenziato in tronco pochi giorni fa dal Manchester United. Un progetto distrutto per la bramosia dei risultati.