“Da anni mi arrabbio per la disoccupazione giovanile troppo alta in alcuni stati europei”. Lo ha dichiarato il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, intervenendo alla “Wirtschaftstag” (la Giornata dell’Economia) a Berlino, sostenendo che l’Europa nasce per risolvere problemi che i singoli stati nazionali non sarebbero in grado di affrontare da soli. Ma ammette che nel caso della disoccupazione giovanile, le cose non stanno andando così e che un piano bilaterale messo in atto dalla Germania anni fa non ha dato alcun risultato.
Secondo Schaeuble, tutto ciò sarebbe inaccettabile e nota: nel Nord Europa esiste un eccesso di offerta di posti per la formazione professionale, mente nel Sud c’è un eccesso di offerta di persone, che vorrebbero fare formazione, ma che non trovano un posto di lavoro. Pertanto, conclude, serve una formazione professionale europea, ma anche la mobilità. In Germania, da anni i lavoratori si spostano da una parte all’altra del paese per trovare occupazione, perché non si può fare lo stesso in Europa, si chiede?
Indebolimento cambio non più possibile
Dunque, la parola-chiave per Schaeuble è “mobilità”. Se il concetto espresso dal ministro tedesco vi indispone, sappiate che egli dimostra ancora una volta il dono dell’onesta intellettuale. Quando fu concepito l’euro, il progetto ha sin da subito poggiato su alcune assunzioni incontrovertibili: in assenza di variazioni dei tassi di cambio per riportare all’equilibrio il mercato, del lavoro compreso, nel caso di shock “asimmetrico”, l’unico modo per ottenerlo consiste nel rendere perfettamente flessibili e mobili i lavoratori.
Prima dell’euro, se l’Italia era in crisi, la lira si deprezzava contro il marco tedesco; ciò incrementava le nostre esportazioni e di conseguenza si assorbiva la disoccupazione con un aumento della produzione. La spiegazione è volutamente semplificata al massimo.