Se negli USA il presidente Donald Trump non crede ai dati ufficiali sulla disoccupazione e parla di 96 milioni di senza lavoro, sostanzialmente avallando l’ipotesi che il 40% degli americani sia disoccupato, anche nell’Eurozona le cose cambiano, quando si analizzano le cifre in un’ottica più ampia. Accanto al tasso di disoccupazione, che è formalmente pari alla percentuale delle persone tra i 15 e i 64 anni in cerca di lavoro sul totale degli occupati, esistono altre classificazioni più estensive, che cercano di offrire una visione più aderente alla realtà. Un indicatore molto utilizzato per valutare lo stato di salute reale di un mercato del lavoro è il cosiddetto U-6, dove U sta per “underemployment”, ovvero per “sottoccupazione”.
L’U-6 comprende non solo i disoccupati propriamente detti, ma anche quanti non hanno un lavoro e non lo cercano, magari perché scoraggiati, oltre ai lavoratori part-time involontari per ragioni economiche, ovvero coloro che devono accontentarsi di lavorare a tempo parziale, ma che vorrebbero farlo a tempo pieno. (Leggi anche: Lavoratori italiani sono pochi e sgobbano più dei tedeschi)
Italia al terzo posto per sottoccupazione nell’Eurozona
La somma di queste tre categorie – disoccupati, non occupati con desiderio di lavorare e part-timers involontari – ci segnala il reale tasso di disoccupazione di un’economia, perché se è vero che se chi lavora 20 ore a settimana non è un disoccupato, è indubbio che non sia nemmeno un occupato al 100%, così come bisogna tenere conto di quanti formalmente non cercano lavoro, ma che di fatti ambiscono a lavorare.
Dalla classifica U-6, l’Italia esce con le ossa rotte: peggio di noi fanno solo Grecia e Spagna. La prima mostra un tasso di sottoccupazione del 31% al settembre 2016, a fronte di un 23,4% di disoccupazione ufficiale. Ciò significa che circa l’8% in più di senza lavoro sia ricollegabile ai part-time per ragioni economiche e agli scoraggiati.
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