Diventare insegnanti: sono milioni i precari che sperano di ottenere una cattedra da anni mentre le varie riforme cambiano i requisiti e le modalità per farlo. Questo ha fatto si che i precari storici della scuola, nonostante non abbiano mai avuto le tutele degli insegnanti di ruolo, abbiano fatto sì che la scuola italiana andasse avanti in ogni caso, continuando a sperare nel posto fisso che non è mai arrivato. Proprio per questo motivo abbiamo intervistato un insegnante abilitato tramite TFA, vincitore di concorso che, nonostante tutto è ancora precario e in attesa del ruolo e che, come spiega, per sopravvivere ha deciso di fare scelte lavorative differenti.
L’iter per diventare insegnante si è di molto complicato: cosa è cambiato e perché?
L’iter è molto cambiato, è vero, ed è diventato più complicato. Le motivazioni vorrebbero essere di carattere didattico-pedagogico: l’insegnamento è una professione, per cui non è necessario soltanto avere un certo numero di conoscenze, ma occorrono anche competenze specifiche nella relazione di insegnamento-apprendimento. Tutto giusto sulla carta. Nella realtà, però, le cose stanno in maniera differente: l’introduzione di corsi specifici post-laurea (l’ultima riforma, almeno, ha introdotto tale percorso già come specialistica di laurea) è stato puramente di facciata; ho partecipato al TFA: nessuna indicazione, ma soltanto fuffa metodologica senza alcun rapporto con il mondo reale. Allo stesso tempo: una finzione per dimostrare di essere un paese in cui si tiene alla funzione docente, un modo per far arricchire università e centri di specializzazione.
Per i precari della scuola che vorrebbero entrare di ruolo è sempre più difficile ambire ad un “Lavoro fisso”. Secondo te cosa ha pesato maggiormente in questo peggioramento delle condizioni dei supplenti?
Il problema è ancora una volta sul piano normativo.
Qual è secondo te il futuro dei precari?
Dipende dalla categoria di appartenenza. Se non si è veramente motivati, il mio consiglio è di desistere: la strada è lunga e tortuosa, ma soprattutto lastricata di risentimento e senso di sconfitta e rabbia.
Tu da precario so che hai fatto scelte lavorative diverse pur essendo vincitore dell’ultimo concorso, ci vuoi dire perché?
La mia è la situazione paradossale per eccellenza. Come spiegavo prima, le leggi in Italia cambiano ogni venti minuti ed io mi sono trovato nella stagione più sfavorevole per diventare insegnanti. Innanzitutto, io appartengo alla generazione che per circa 3-4 anni non ha avuto modo di raggiungere l’abilitazione all’insegnamento né di partecipare a concorsi: dal 2008 al 2012 si è bloccato tutto. La perdita di tempo in termini esistenziali è clamorosa, così come la necessità di trovare altre fonti di guadagno.
L’intervista prosegue nella prossima pagina in cui si parlerà di quanto la precarietà dell’insegnamento incida sull’apprendimento, di quali sono i requisiti per diventare un buon insegnante e di come è cambiato nel tempo il ruolo del “maestro di vita”.