A distanza di quasi tre mesi dalla decisione shock di ritirare dalla circolazione le banconote dal taglio più alto da 500 e 1.000 rupie, pari a 6,50-13 euro, l’India passa alla seconda fase della lotta ai pagamenti in contante, introducendo con la presentazione della legge di bilancio per il 2017-2018 il divieto delle transazioni cash per cifre superiori alle 300.000 rupie, che al cambio attuale fanno 4.465 dollari. Al di sopra di tale soglia, i pagamenti dovranno avvenire necessariamente in modalità tracciabile, ovvero attraverso l’uso di carte di debito o credito o assegni, altrimenti s’incorrerebbe in una sanzione pari al 100% dell’importo transato.
Come volevasi dimostrare, la demonetizzazione di novembre era stata solo il primo passo dell’India compiuto nella direzione della lotta al contante, in un’economia dove il 98% delle transazioni è oggi cash. Allo stesso tempo, il governo ha annunciato che non saranno effettuati controlli per depositi di denaro in banca fino a 250.000 rupie (3.720 dollari), mentre per gli importi superiori verranno monitorati i dati delle dichiarazioni fiscali, al fine di verificarne la compatibilità con i risparmi portati in banca. (Leggi anche: Stretta sul contante, nuovi limiti in India)
Lotta all’evasione fiscale e alla povertà in India
Le misure del governo Modi puntano a contrastare l’evasione fiscale nel secondo paese più popoloso al mondo con 1,3 miliardi di abitanti, dove la povertà riguarderebbe ancora il 22% dei residenti, pur giù dal 70% del 1947, anno dell’indipendenza dal Regno Unito.
Il ministro delle Finanze, Arut Jaitley, ipotizza anche l’introduzione di un reddito minimo di cittadinanza di 7.620 rupie all’anno, pari a 113 dollari, che sarebbe in grado di coprire le esigenze basilari della popolazione.