Ormai non esistono dubbi che la BCE alzerà i tassi d’interesse al board del 21 luglio prossimo. Lo farebbe anche a giugno, se non fosse che con la “forward guidance” si sia legata le mani. Promette da anni al mercato che aumenterà il costo del denaro solo dopo che avrà cessato gli acquisti di assets con il “quantitative easing” (QE). Anzi, nelle ultime settimane ha dovuto fare marcia indietro sulla prospettiva che ciò accada solo mesi che saranno finiti gli stimoli monetari.
Ma il rialzo dei tassi dovrà avvenire per non perdere il controllo dei prezzi. D’altra parte la BCE ha sempre fatto presente di volersi garantire “flessibilità” in fase di riacquisto dei bond. A luglio, infatti, con ogni probabilità cesseranno gli acquisti netti dei titoli, ma le scadenze in portafoglio saranno reinvestite ancora per qualche anno. E in quella fase, ove servisse, l’istituto acquisterebbe qualche Bund in meno e qualche BTp in più.
Verso lo scudo contro lo spread
Tuttavia, il mercato non può accontentarsi di questa lieve trasgressione alle regole. Finché la BCE non segnalerà in maniera ufficiale che “farà tutto ciò che serve” per contenere gli spread, gli attacchi speculativi contro il debito italiano resteranno dietro l’angolo. A dire il vero, non depone a favore della fiducia verso l’Eurosistema il fatto che non si sia ancora intervenuti con uno spread sopra 200 punti. A quale livello scatterebbe l’eventuale scudo?
La Germania guida il fronte dei contrari all’ipotesi di un sostegno automatico e incondizionato all’Italia.