Si diradano un pochino le nubi che hanno avvolto finora il tema della riforma pensioni. Il recente incontro coi sindacati è servito a fare chiarezza sui prossimi passi del governo sulle urgenti questioni sociali.
Sul tavolo c’è la necessità primaria di difendere il potere di acquisto di lavoratori e pensionati. Quindi la necessità di introdurre il salario minimo, come chiesto anche dalla Ue, e la rivalutazione di 16 milioni di pensioni.
Si torna a parlare di riforma pensioni
Ma c’è anche il nodo riforma pensioni col rischio di ritorno pieno per tutti alle regole Fornero.
La soluzione non può che tenere conto dei recenti dati contenuti nel rapporto annuale Inps sulla spesa pensionistica. Nel 2021 il costo della previdenza è salito a quota 312 miliardi di euro. Il 17% del Pil con una previsione di salita fino al 18,7% entro il 2035.
Numeri che lasciano pochissimo spazio di intervento senza una manovra a deficit, vista come il fumo negli occhi dal premier Draghi. Per questo motivo occorre prestare la massima attenzione. E qui l’Inps suggerisce tre vie d’uscita poco costose e finanziariamente sostenibili.
Tre soluzioni per uscire prima dal 2023
La prima poggia sull’uscita a 64 anni di età e almeno 35 di contributi con il ricalcolo interamente contributivo della pensione. Ma a condizione che l’importo della rendita sia pari ad almeno 2,2 volte il valore dell’assegno sociale (468,11 euro al mese). Il costo iniziale sarebbe di quasi 900 milioni nel 2023 per poi salire a 2 miliardi nel 2024 e a oltre 3,7 miliardi nel 2029
La seconda via d’uscita è proposta dall’economista Michele Raitano con penalizzazione del 3% della pensione sulla quota retributiva per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 della vecchiaia. Anche qui si partirebbe da 64 anni col almeno 35 anni di contributi a condizione di aver maturato un assegno pensionistico pari ad almeno 2,2 volte l’assegno sociale.
La terza strada, che è anche la più economica e flessibile, è la proposta Tridico. Una pensione in due tranches con uscita a 63 anni e almeno 20 di contributi per la sola parte contributiva maturata. A cui si aggiungerebbe la restante fetta retributiva della pensione al raggiungimento dei 67 anni di età. In questo caso la spesa sarebbe di 500 milioni nel 2023, salirebbe a 1,5 miliardi nel 2024 per terminare a 2,5 miliardi nel 2029.