I PIGS sono tornati. Ma non dovevamo vederci più? Venerdì scorso, il premier Mario Draghi ha incontrato a Villa Madama il collega portoghese Antonio Costa, quello spagnolo Pedro Sanchez e in collegamento video il greco Kyriakos Mitsotakis. Un vertice a quattro per trovare una posizione comune da portare in Europa sul caro energia. L’Italia farà propria la posizione di Atene, che da settimane chiede che sia posto un tetto ai prezzi dei prodotti energetici. Il giorno prima, Draghi aveva affermato in conferenza stampa che, ove necessario, saranno imposti anche “razionamenti” ai beni di prima necessità.
Inutile girarci troppo attorno. Se da un lato è molto positivo che l’Italia rivolga lo sguardo nel Mediterraneo, come sarebbe naturale che fosse, dall’altro ciò non starebbe avvenendo per convinzione, bensì per ripiego. Sulla crisi geopolitica in corso, l’Italia è stata tagliata praticamente del tutto fuori dalle stanze dei bottoni. In Europa, gli interlocutori di Joe Biden, Vladimir Putin e Xi Jinping sono solamente il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il presidente francese Emmanuel Macron.
L’Italia condivide con il resto dei PIGS – espressione infausta con cui dal 2010 furono definiti gli stati europei alle prese con la crisi del debito sovrano (c’era inizialmente la doppia I per includere l’Irlanda) – l’emergenza energetica. Ad esempio, la Grecia è il paese in cui le famiglie spenderanno di più per un pieno di benzina, quasi il 6% del loro reddito medio contro circa l’1,2% negli USA. Draghi ha parlato della necessità di una “gestione comune” degli approvvigionamenti energetici, un fatto di cui si sta discutendo anche a Bruxelles per reagire all’invasione russa dell’Ucraina, allentando la dipendenza europea dal gas di Mosca.
Vertice PIGS per cercare di contare in UE
Ad ogni modo, il problema principale per cui è sorto questo vertice riguarda proprio l’Unione Europea.
Prima che si torni a parlare di PIGS per il ritorno alle tensioni finanziarie ai danni del Mediterraneo, i quattro paesi stanno cercando di fare fronte comune per accrescere la propria posizione negoziale al tavolo delle trattative a Bruxelles su eurobond e contrasto al caro bollette. Senza che avranno ottenuto i primi, alzeranno verosimilmente la voce per invocare una diversa posizione europea sulle sanzioni, così da alleviare gli aggravi a carico di famiglie e imprese. Uno scenario preoccupante per l’economia italiana. Il vertice romano ha reso plastica la subordinazione dell’Italia rispetto all’asse franco-tedesco. Chi si era illuso che con Draghi a Palazzo Chigi il nostro Paese avrebbe guadagnato di prestigio e fatto parte a pieno titolo della plancia di comando, da alcune settimane si è dovuto ricredere.
L’economia italiana resta in balia di decisioni esterne e che stanno venendo adottate senza neppure consultare il nostro governo. Le compensazioni pretese dai paesi che maggiormente patiranno il boomerang delle sanzioni anti-russe non arrivano e, soprattutto, appaiono tutt’altro che automatiche. Stiamo andando in guerra in condizioni impari tra stato e stato.