Due banche europee in caduta libera, le ragioni del crollo dei colossi

Due colossi bancari europei in ginocchio in borsa. Uno è italiano, l'altro tedesco. Troppo grandi per fallire, ma anche per essere salvati.
8 anni fa
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Azioni Deutsche Bank al minimo storico

Un vecchio proverbio recita “mal comune, mezzo gaudio”. E per Unicredit potrebbe essere forse l’unica soddisfazione quella di sapere che anche il colosso tedesco Deutsche Bank naviga in cattive acque e nelle scorse ore il titolo è sprofondato al minimo storico di 12,84 euro, segnalando una capitalizzazione di appena 17,7 miliardi di euro. Tanto vale in borsa il più grande istituto della Germania, che quest’anno ha già perso oltre il 40%.

E pensare che il livello più basso di sempre in borsa Deutsche Bank lo abbia toccato ieri, mentre a New York parlava il capo del suo consiglio di sorveglianza, Paul Achleitner, che tuonava contro il rischio Brexit, considerato “un disastro per la Gran Bretagna”.

Da manipolazione tassi e cambi a caso derivati

Il crollo della banca tedesca è legato alle magagne giudiziarie degli ultimi anni. Dal 2008 ad oggi, ha dovuto pagare multe per dieci miliardi di dollari, di cui quella maxi da 6,8 miliardi dello scorso anno. Accusata di manovrare dai tassi d’interesse ai cambi, alterando il mercato, l’istituto deve affrontare adesso anche una nuova indagine dell’authority finanziaria americana, relativa alla vendita di bond coperti dalla garanzia immobiliare, quando era ancora in corso la crisi finanziaria. Secondo i calcoli di Barclays, la causa potrebbe costare a Deutsche Bank altri 4,5 miliardi di dollari.

Nel febbraio scorso, entrò già nell’occhio del ciclone, quando si era diffuso il timore che non sarebbe stata in grado di onorare il pagamento delle cedole sui suoi co.co.bond, obbligazioni subordinate e convertibili in azioni dalla banca al verificarsi di determinati eventi. Nel tentativo di arrestare tali dubbi, il colosso annunciò un piano di buy-back da 5,4 miliardi, che sembrava avere frenato la sfiducia.

Too big to fail, crisi banche grandi europee

Unicredit e Deutsche Bank sono il simbolo delle “too big to fail”, delle banche troppo grandi per fallire, ma anche troppo grandi per essere salvate.

Quando nell’inverno passato si moltiplicarono i dubbi sulla solidità della tedesca, qualcuno insinuò che il governo della cancelliera Angela Merkel fosse tutt’altro che intenzionato a trovare soluzioni non di mercato per salvare l’istituto, che presta poco denaro all’economia reale della Germania, mentre è più che altro attivo sul mercato dei derivati, verso cui è esposto per una montagna da 75.000 miliardi, 20 volte il pil tedesco.

In realtà, né Unicredit, né Deutsche Bank potranno fallire, essendo espressione rispettivamente dell’economia italiana e di quella tedesca. La gravità della loro crisi, però, è la spia del pericolo incombente sull’intera Eurozona.

 

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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