Riceviamo una lunga e ben articolata lettera da parte di un nostro lettore, Marco D.N., Avvocato e Consulente del lavoro, su un fatto che – stando alle numerose mail ricevute dal nostro quotidiano – pare essere questione sensibile per molti.
Ecco il suo sfogo.
“Se i laureati devono accontentarsi di fare i camerieri, alcuni politici dovrebbero andare a lavare i vetri ai semafori e imparare il modo con cui relazionarsi con gli altri. Soprattutto quando non riescono a valutare l’impatto che alcune dichiarazioni possono avere sull’opinione pubblica.
L’ultima sparata di Claudio Durigon (Lega) ha scatenato una vera e propria ondata di indignazione da parte di studenti e laureati sui social. Dopo che un emendamento alla manovra sul reddito di cittadinanza ha tolto il termine “congrua” in riferimento all’offerta di lavoro da accettare per non perdere il sussidio. Dice Durigon: “se uno prende dei soldi pubblici non credo possa essere schizzinoso sull’offerta di lavoro”.
I laureati facciano anche i camerieri
Ma perché la dichiarazione del sottosegretario fa tanto discutere? Non certo per il fatto che un laureato debba, all’occorrenza, fare anche il cameriere. Questo già succede da Nord a Sud, senza vergogna. Non sono pochi, infatti, i giovani laureati che lavorano nel campo della nettezza urbana, come OSS, come baristi ecc. Ma perché affermando pubblicamente queste cose si sminuisce ulteriormente il valore della laurea e dello studio in Italia. Facendo un danno a tutti.
Ma ve la immaginate una famiglia che manda il proprio figlio all’Università con tanti sacrifici per avere più chance di occupazione e un futuro (forse) migliore sentirsi dire da un sottosegretario di Stato di andare a fare il cameriere?
A Durigon qualcuno dovrebbe spiegare che lo Stato promuove la formazione e lo studio mettendo a disposizione ogni mezzo, comprese le borse di studio, per premiare i più meritevoli.
Mandare i laureati a fare i camerieri è quanto di più sbagliato si possa dire e fare (con tutto il rispetto per i camerieri, il cui lavoro è indispensabile e lodevole nel nostro Paese). Primo perché non c’è bisogno di una laurea per svolgere questa attività e ci sarebbe il rischio di svolgere male il mestiere. Secondo, perché rappresenterebbe il fallimento di un obiettivo che lo Stato si è prefissato di raggiungere attraverso la formazione e lo studio.
Pochi posti per chi ha studiato in Italia
Ma forse Durigon (che non è laureato) questo concetto non l’ha ben chiaro. Dall’alto della sua carica istituzionale dovrebbe preoccuparsi piuttosto di restituire ai laureati quel ruolo e quel valore sociale che in Italia è andato perduto col tempo. Lo si evince dalla annosa fuga dei cervelli che lo Stato cerca disperatamente di recuperare con incentivi fiscali spesso inutili. Ma anche dal solito ritornello che ci dice che in Italia ci sono meno laureati rispetto agli altri Paesi. Nessuno si è mai domandato il perché?
La risposta è semplice. Perché in Italia non ci sono abbastanza posti di lavoro per laureati. O meglio, ci sarebbero, ma sono occupati da chi la laurea non ce l’ha. Soprattutto nella pubblica amministrazione, nel settore amministrativo, delle forze armate e di polizia. E non ultimo, in politica. Dove la formazione dovrebbe essere – almeno – quella di un laureato.
Sempre più laureati in settori sbagliati
Ne deriva che molte posizioni apicali sono talvolta ricoperte da personale senza adeguato titolo di studio. Col risultato che quanto spetterebbe di diritto a chi possiede una laurea, è ad appannaggio di chi ha il diploma o la licenza media. Ne consegue che i posti per i laureati si riducono e tanti si ritrovano a lavorare nei call center o a fare domanda di reddito di cittadinanza in attesa di tempi migliori.
Lo conferma anche l’Osservatorio statistico dei consulenti del lavoro. Lo studio fotografa chiaramente il divario tra l’offerta formativa dei laureati italiani e la loro effettiva occupabilità. Mostra un Paese che continua a produrre tantissimi giovani altamente formati in segmenti di mercato dove non c’è posto.
Secondo la ricerca, degli oltre 1,7 milioni di trentenni laureati residenti in Italia il 19,5% è privo di un’occupazione. Mentre un ulteriore 19% lavora in posizioni professionali che non richiedono la laurea.
Se la risposta a questo irrisolto problema è quella di mandare i laureati a fare i camerieri, siamo fritti in partenza. Che si liberino i posti occupati da persone sbagliate e si restituisca il giusto valore alla laurea. Si dia “a Cesare quel che è di Cesare”.”
Ci siamo sentiti di condividere questo documento per due motivi: il primo quale sostegno a tutti quegli studenti lavoratori che si impegnano per portare a termine un percorso di studio e per costruirsi un futuro migliore. Il secondo perché il documento in questione, con grande proprietà di linguaggio, fa una bella disamina sull’argomento laureati in Italia riportando molte informazioni utili.
Auguriamo all’Avv. Marco D.N. ogni bene nella sua professione, ma nel caso intendesse lasciare il Foro in cui opera saremo ben lieti di accoglierlo nella nostra redazione.