L’ultimo Consiglio dei ministri ha imposto l’obbligo vaccinale per i residenti in Italia di età pari o superiore ai 50 anni. Senza il super green pass non sarà possibile neppure più andare a lavorare. Chi non si adegua, riceverà 100 euro di multa una tantum, oltre che sanzioni ben più cospicue nel caso in cui dovesse recarsi sul luogo di lavoro sprovvisto di certificazione anti-Covid rinforzata. Sotto i 50 anni, i non vaccinati avranno vita dura. Nei fatti, perderanno la loro residua socialità.
Le restrizioni anti-Covid, spiega il governo, puntano a frenare i contagi, ormai esplosi per la prima volta da quando c’è la pandemia sopra i 200.000 casi giornalieri. L’Italia è passata in breve da “modello” presunto a pecora nera d’Europa. Unica consolazione: il basso (si fa per dire) numero dei morti, almeno raffrontato allo scorso anno, cioè alle precedenti ondate. La media oscilla intorno ai 200 al giorno. Tuttavia, potrebbe finanche triplicare quando raggiungeremo il picco, vale a dire da qui a un mese.
Dicevamo, green pass per tutto. Brutta fine che ha fatto il centro-destra. Ve lo ricordate quando ci difendeva dallo statalismo della sinistra? Certo, in buona parte per rimpiazzarlo con lo statalismo proprio. I governi Berlusconi non si sono mai distinti per spirito autenticamente liberale. Non hanno tagliato le tasse di un solo euro, non hanno abbassato la spesa pubblica, non hanno privatizzato nulla di nulla e di liberalizzazioni neppure l’ombra. Ad ogni modo, almeno verbalmente Forza Italia guidava una coalizione contraria ai “lacci e lacciuoli” della burocrazia italiana. Adesso, insieme alla più forte Lega ci propina la certificazione anche per uscire di casa. Mutazione genetica o ritorno alle radici di tanti dei suoi componenti, come il socialista Renato Brunetta, ministro della vetustà pubblica.
Green pass per schedare i contribuenti
In realtà, il livello di preparazione e cultura tra gli ex sedicenti liberali d’Italia è così scadente, che molti di loro con ogni probabilità plaudono al green pass senza sapere di cosa ciancino. Non potete sperare che al Consiglio dei ministri un Brunetta o una Mariastella Gelmini o una Mara Carfagna tutelino i contribuenti da possibili nuovi leviatanismi di stato. Qualcuno spieghi ai gaudenti draghiani convertiti – ah, i tempi in cui gridavano al complotto internazionale contro l’ultimo governo Berlusconi e ordito, a loro dire, tra l’altro proprio dall’allora futuro governatore BCE! – che il green pass può facilmente trasformarsi in strumento di mappatura delle spese dei contribuenti.
A gestire le informazioni su tamponi, vaccini e certificazione verde è la SOGEI, una società controllata al 100% dal Ministero di economia e finanze. Sentite puzza di bruciato? In pratica, tu contribuente entri con il green pass al ristorante, al bar, vai al centro estetico, sali sull’aereo, ti rechi in gioielleria. Tutti questi movimenti sono registrati dal Ministero e, fidatevi, quando dopo la pandemia ci sarà da raddrizzare i conti pubblici, ogni informazione sarà buona per colpire i contribuenti sulla base della presunta infedeltà delle loro dichiarazioni fiscali. Volete che non dia nell’occhio un cittadino che con il green pass sia entrato troppe volte in esercizi per l’acquisto di beni e servizi non di prima necessità, a fronte di un reddito dichiarato ritenuto incongruo?
Ora, aggiungeteci anche che il prossimo presidente della Repubblica possa essere un uomo tra Mario Draghi e Giuliano Amato o altro tecnocrate prono ai desiderata di Bruxelles in merito alla lotta all’evasione fiscale. L’Italia è il Paese in cui vi fu l’infame prelievo forzoso dai conti bancari nel 1992, dei blitz mediatici contro i possessori di auto di grossa cilindrata sotto il governo Monti nel 2012, dei limiti ai pagamenti in contanti inesistenti nel resto d’Europa, salvo in Grecia.