“Enough is enough!”, ha esclamato l’ambasciatore americano all’ONU, Nikki Haley, con riferimento all’ultima gravissima provocazione della Corea del Nord, che domenica mattina ha effettuato il suo sesto test nucleare, con l’obiettivo di entrare in possesso della bomba ad idrogeno, così potente da fare impallidire persino gli ordigni sganciati dagli USA su Hiroshima e Nagasaki nel 1945. Il presidente Donald Trump starebbe varando nuove sanzioni più stringenti contro il regime di Kim Jong-Un, minacciando conseguenze nelle relazioni commerciali anche nei confronti di quei paesi che intrattenessero rapporti finanziari, economici o militari con Pyongyang.
Paradossale che sembri, la Cina potrebbe essere il vero obiettivo delle minacce belliche di Kim Jong-Un. Pechino è alleato storico del regime di Pyongyang, ma da tempo non più così solido come prima, tanto che s’insinua che nel 2012 abbia persino tentato di organizzare un colpo di stato per portare al potere nel paese il fratellastro del dittatore, Kim Jong-Nam, ucciso in Malaysia pochi mesi fa per mano ancora ignota, ma sulla cui morte gravano sospetti assai concreti proprio a carico del regime. (Leggi anche: Kim Jong-Un e quel golpe cinese fallito)
Kim Jong-Un vuole avvertire i cinesi?
Dalla fine di febbraio, il governo cinese ha aderito a una risoluzione dell’ONU, bloccando le importazioni di carbone dalla Corea del Nord, le quali rappresentano circa un terzo delle esportazioni complessive di quest’ultima. Senza la Cina, Pyongyang perderebbe il principale e quasi esclusivo partner commerciale, intrattenendo con essa il 90% dei propri scambi, che a loro volta incidono per appena il 10% del pil nazionale.
La tempistica delle minacce di Kim Jong-Un sembra suggerire che l’America di Trump sarebbe un obiettivo di facciata, ma che le vere intenzioni del giovane dittatore sarebbero altre. Il lancio del missile in territorio giapponese ha preceduto di qualche giorno una riunione dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) a Xiamen, in Cina. E la realizzazione del test nucleare ha coinciso proprio con il vertice, spiazzando il presidente cinese Xi Jinping, che sarebbe tutt’altro che contento dell’accaduto. A marzo, il precedente lancio di un razzo di nuova generazione anticipava di qualche giorno la visita del segretario di Stato USA in Cina, Rex Tillerson, nonché quella di Xi al golf resort di Trump in Florida. (Leggi anche: Nord Corea, ecco perché Pechino non rompe)