Tanti lettori chiedono lumi riguardo ai Buoni fruttiferi postali in loro possesso ed emessi tra la fine degli anni Ottanta e inizio anni Novanta, dopo che il Tribunale di Torino ha condannato Poste Italiane a rimborsare una cliente per 65.000 euro su 5.000.000 di vecchie lire investite nel 1989 su un titolo a 30 anni.
Abbiamo calcolato che il rendimento trentennale medio risulta essere stato dell’11,35%. Al netto dell’inflazione, sarebbe l’8,55%. Tenuto conto anche della tassazione, scendiamo al 7,65%. Numeri ormai impossibili da trovare tra le emissioni dei Buoni fruttiferi postali degli ultimi anni.
Per il biennio successivo e fino al 30 giugno 1986, i Buoni fruttiferi postali divennero un po’ meno remunerativi: raddoppio del capitale dopo 6 anni e triplicazione dopo 9. Il rendimento lordo scendeva al 12,25% e al 12,98% rispettivamente. Dopodiché si scese ancora e molti anche tra i più giovani ricorderanno quando i risparmi di genitori e nonni raddoppiavano ogni 7 anni e triplicavano ogni 11: rendimento al 10,41% e 10,50% rispettivamente. E’ il periodo che va dall’1 settembre 1987 al 31 ottobre 1995. La serie in emissione era la Q. Prima ancora, cioè tra il 21 settembre 1986 e il 31 agosto 1987, i Buoni fruttiferi postali raddoppiavano ogni 7 anni e triplicavano ogni 10.
Buoni fruttiferi postali a interessi altissimi
Dunque, se tra la fine degli anni Ottanta e inizio anni Novanta avessimo acquistato un buono da 1 milione di lire, dopo 5 anni avremmo ricevuto 2 milioni e dopo 11 anni 3 milioni. Chiaramente, in quegli anni non solo l’inflazione italiana era nettamente superiore a quella odierna, ma l’intera struttura dei tassi risultava di gran lunga più alta.
Del resto, gli stessi titoli di stato a inizio anni Novanta rendevano mediamente tra il 13% e il 14%. Con tassi sotto la doppia cifra, gli italiani non prestavano neppure denaro. I Buoni fruttiferi postali dovevano per forza di cosa rendere così tanto, altrimenti nessuno avrebbe portato il proprio denaro alle Poste. Tempi che furono. Oggi, il Buono 4×4 offre fino a un massimo dello 0,75% per investimenti di 16 anni. Nel frattempo, l’inflazione punta al 4%. In pratica, al momento chi lo acquistasse perderebbe la media del 3% all’anno.