Nelle ultime settimane si è tornato a parlare intensamente di cartelle esattoriali, a seguito dell’emanazione del nuovo decreto riscossione, che ha introdotto alcune modifiche relative proprio alle cartelle esattoriali dei contribuenti. L’argomento rimane sempre di grande interesse, poiché milioni di contribuenti hanno avuto, hanno, e continueranno ad avere a che fare con queste cartelle. Nonostante le rottamazioni e le sanatorie.
Oggi, però, affrontiamo l’argomento da un punto di vista completamente diverso, collegando le cartelle esattoriali alle pensioni. Non è raro, infatti, che ci siano contribuenti con cartelle in sospeso con l’Agenzia delle Entrate Riscossione che sperano di poter andare in pensione.
Ecco chi ha perso la pensione a causa di una cartella esattoriale: lo strano caso degli indebitati
Come già accennato, il nesso tra cartelle esattoriali e pensioni riguarda principalmente i debiti contributivi che un contribuente può aver accumulato con l’INPS. Se non si versano i contributi previdenziali all’INPS, è probabile che, dopo i tentativi di recupero da parte dell’Istituto previdenziale, intervenga l’Agenzia delle Entrate Riscossione. È importante ricordare che l’Agenzia delle Entrate Riscossione ha sostituito Equitalia come ente di riscossione, ereditando tutti i crediti vantati anche da quest’ultima.
Vietato considerare i contributi previdenziali alla stregua di tasse, imposte e tributi
I contributi previdenziali sono i versamenti che il lavoratore effettua durante la sua attività lavorativa e che, alla fine, si trasformano in rendita quando il lavoratore cessa l’attività. È evidente che se i contributi non vengono versati, l’INPS non può utilizzarli per calcolare la pensione del lavoratore, e soprattutto non può concedere il diritto alla pensione.
Ad esempio, chi ha 19 anni di contributi versati ma ha un anno di versamenti mancanti quando era lavoratore autonomo, non può andare in pensione fino a quando non completa il versamento di quell’anno, necessario per raggiungere la carriera minima per la pensione di vecchiaia. Ci sono casi in cui alcune persone hanno perso la pensione proprio a causa di queste cartelle, e vedremo ora perché.
Cartella esattoriale cancellata: ma per le pensioni non è una buona notizia
Abbiamo parlato di cartelle esattoriali, rottamazioni e sanatorie. Per i contribuenti indebitati con l’Agenzia delle Entrate Riscossione, una sanatoria, un condono, una rottamazione o un saldo e stralcio sono certamente provvedimenti vantaggiosi, poiché riducono il conto da pagare all’Agenzia. Tuttavia, questo è vero solo se la cartella esattoriale riguarda tasse, imposte, multe o tributi.
I contributi previdenziali, invece, non sono tasse, ma come detto, servono per accumulare la pensione. Se una cartella esattoriale cancellata riguarda i contributi, è vero che il contribuente risparmia il pagamento, ma perde anche un anno di contributi che potrebbe aumentare l’importo della pensione o addirittura determinare il diritto alla pensione stessa.
Perdere la pensione o posticiparla di molti anni: ecco quando accade
Tornando all’esempio di chi ha 19 anni di contributi versati, è chiaro il perché. Questo contribuente, se ha un anno di contributi non versati all’INPS e ha ottenuto la cancellazione di questa pendenza, si ritrova con 19 anni di contributi. Che a 67 anni non sono sufficienti per ottenere la pensione.
Lo stesso può accadere a chi ha meno dei 42 anni e 10 mesi di contributi necessari per la pensione anticipata. O a chi, a causa di quella cartella, non raggiunge i 30 anni richiesti per l’APE Sociale, i 35 anni per Opzione Donna, e così via.
Chi ha perso la pensione a causa di una cartella esattoriale si trova di fronte a una situazione critica.