Il debito pubblico americano, compreso quello degli enti locali USA, si attesta attualmente intorno ai 21.500 miliardi di dollari. Il solo debito federale ammonta a 18.400 miliardi e vale il 103% del pil, schizzando al 120%, se includiamo quello degli stati e dei comuni. Di questo, circa 16.300 miliardi è in forma di Treasuries, i titoli di stato emessi dal Tesoro americano e detenuti per il 37% da investitori stranieri. Stando ai dati più recenti, quelli che si riferiscono al mese di luglio, notiamo che la Cina rimane il creditore più importante dell’America con 1.240,8 miliardi di dollari di Treasuries in pancia, il 7,6% del totale, oltre un quinto del debito sovrano USA detenuto dai creditori stranieri.
La Cina riduce le esposizioni, ma non è una fuga dall’America
A luglio, il Belgio deteneva Treasuries per 155 miliardi, -53 miliardi rispetto a giugno. Se davvero dietro a questa sigla si nascondesse la Cina, troveremmo che essa si sarebbe liberata in un solo mese di ben oltre 83 miliardi di dollari in titoli di stato americani, una vera e propria fuga, che si spiegherebbe con la volontà di Pechino di difendere il cambio e di contrastare, quindi, il deprezzamento dello yuan con la vendita di assets denominati in dollari.
Tassi Fed, quale effetto su rendimenti Treasuries
Quando la Fed alzerà i tassi, prima o dopo, questo immenso mercato da oltre 12.000 miliardi di dollari, al netto dei titoli detenuti dall’istituto stesso, subirà da un lato un calo dei prezzi, anche se la stretta monetaria è stata in parte scontata, ma dall’altro diventerà più appetibile per gli investitori stranieri, grazie alle attese di ulteriore rafforzamento del dollaro. Anche in quest’ultimo caso, però, le precedenti strette ci insegnano che quando la Fed inizia ad alzare i tassi, il dollaro potrebbe paradossalmente perdere terreno contro le altre valute, secondo il principio di mercato del “buy rumors and sell the news”, ovvero che l’investitore tenderebbe a comprare sulla scorte delle aspettative e a vendere una volta che queste si siano realizzate. Queste forze contrastanti – aumento dei rendimenti da un lato e crescita tendenziale della domanda straniera dall’altro – potrebbero annullarsi a vicenda, stabilizzando i rendimenti, specie sul tratto breve della curva, tenendo anche conto delle aspettative relativamente “fredde” sull’inflazione. APPROFONDISCI – http://www.investireoggi.it/petrolio-e-treasuries-segnalano-un-possibile-ritorno-allinflazione-zero-o-negativa/