Ecco come la finanza internazionale sta scommettendo contro l’Italia

La finanza internazionale si è posizionata contro il debito pubblico italiano. Vediamo come agiscono i fondi speculativi.
2 anni fa
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Finanza internazionale contro l'Italia

Un articolo del giovedì scorso del Financial Times ha acceso i fari circa lo scetticismo che si respira negli ambienti finanziari globali sulla tenuta del sistema Italia tra alta inflazione, crisi energetica, rallentamento della crescita economica e tensioni politiche. Secondo l’autorevole quotidiano britannico, la finanza internazionale si sarebbe posizionata contro il debito pubblico italiano per un ammontare di posizioni ribassiste pari a 39 miliardi di euro. Si tratterebbe della somma più elevata dalla crisi finanziaria mondiale del 2008. Ma cosa significa nel concreto? I mercati credono che i prezzi dei titoli di stato italiani (BTp) scenderanno, ossia che i loro rendimenti saliranno.

Come agiscono i fondi speculativi

Ad agire contro l’Italia in questa fase sono i cosiddetti “hedge funds” o “fondi speculativi”. Essi nascono per tutelare i capitali dei clienti dai vari rischi di mercato, tra cui relativi ai tassi d’interesse e di cambio. Nei fatti investono anche pesantemente sui titoli derivati, cioè che derivano il loro prezzo da asset sottostanti. Ma quella che nelle intenzioni originarie era un’azione perlopiù difensiva, sostanzialmente si è tramutata in speculazione vera e propria.

La finanza internazionale può scommettere non solo al rialzo sull’andamento di titoli o materie prime, bensì anche al ribasso. Ciò avviene principalmente attraverso le vendite allo scoperto o “short selling”. Da cui il termine “shortare”, che implica l’accensione di una posizione ribassista. In parole molto semplici, questi fondi speculativi hanno venduto nelle ultime settimane titoli di stato italiani che non posseggono materialmente. Se li sono fatti prestare da intermediari o broker.

Esempio di vendite allo scoperto

A quale fine? Riconsegnarli a questi ultimi entro i termini concordati, evidentemente confidando che nel frattempo i prezzi siano scesi. Facciamo un esempio pratico. Supponiamo di vendere allo scoperto BTp 2052 per un controvalore nominale di 1 milione di euro al prezzo di chiusura di venerdì scorso di 70,34 centesimi.

Non possedendo i titoli, ce li facciamo prestare dalla Banca X. Vendiamo chiaramente a investitori interessati, che oggi come oggi sarebbero principalmente istituzionali italiani (banche, assicurazioni, fondi) e, soprattutto, la BCE.

Incasso subito 703.400 euro. Con la Banca X abbiamo stipulato un contratto trimestrale, cioè dovremo riconsegnare i titoli ottenuti in prestito entro tre mesi, chiaramente pagandole una commissione. Se vinciamo la scommessa, in questi tre mesi il prezzo del BTp 2052 scende. Ad esempio, si porta a 65 centesimi. Questo significa che li acquisto per 650.000 euro. Al lordo della commissione, ho maturato un profitto pari a 53.400 euro (703.400 – 650.000) in un arco di tempo breve. Più dell’8%. Niente male.

BCE inerme con finanza internazionale

Ma può capitare che i prezzi del BTp 2052, anziché scendere, salgano. A quel punto, andremmo incontro a perdite tendenzialmente illimitate. Se notiamo che nel corso delle settimane la quotazione si porta consistentemente sopra i 70,34 centesimi della vendita iniziale, al fine di limitare i danni inizieremo a chiudere le posizioni “corte”, acquistando i titoli sul mercato. In gergo, tale fenomeno si definisce “short squeeze”. Se fossimo in presenza di una banca centrale massimamente autorevole come la Federal Reserve, questa rastrellerebbe così tanti BTp nel giro di poche sedute da rompere le ossa alla finanza internazionale speculativa. Ai fondi passerebbe il brio di scommettere contro un qualsiasi stato dell’Eurozona. La speculazione si arresterebbe.

Ma la BCE è paralizzata dallo scontro eterno tra “falchi” del Nord Europa e “colombe” del Sud. Essendo la banca centrale di ben diciannove stati autonomi (venti dal 2023 con l’ingresso della Croazia nell’euro), si trova a dover accontentare tutti e nessuno. Non è un caso che sui mercati vige il detto “never fight the FED”, cioè “mai sfidare la FED”. Il perché è ovvio: la banca centrale americana è il banco che vince sempre, se anche solo tenti di andarvi contro, ci rimetterai i tuoi soldi.

Nulla di simile si vocifera su Francoforte. E se siamo qui a parlare di spread e attacco speculativo contro l’Italia, è proprio per questo.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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