Una settimana che verrà ricordata a lungo sui mercati finanziari quella appena trascorsa. Giovedì, diverse piazze hanno segnato i loro più forti cali in un’unica seduta della loro storia, tra cui Wall Street, il cui indice S&P 500 non era mai crollato così tanto (-9,51%) dal 1987. Per la prima volta, l’intera curva dei Treasuries è arrivata a scendere sotto l’1%, segnalando la fuga degli investitori verso i beni rifugio. In generale, si sono vendute azioni e acquistate obbligazioni, perché l’emergenza Coronavirus ha spinto il mercato ad optare per il reddito fisso, scontando un calo anche brusco degli utili.
Rendimenti USA in caduta libera, ma è divorzio tra high yield e investment grade
Parlare di obbligazionario è, tuttavia, sempre generico. Negli USA, sono andati certamente bene i titoli del Tesoro, così come quelli di qualità più elevata tra i corporate. Viceversa, sono sprofondati i corporate ad alto rischio e persino quelli meno sicuri del comparto “investment grade”. Vediamo qual è stata l’evoluzione da inizio anno per i tre segmenti.
Quest’anno, gli “high yield” sono saliti mediamente di rendimento di oltre 200 punti base al 7,34% di giovedì. Il 21 febbraio scorso, avevano toccato un minimo al 5,01%, per cui da allora il rialzo è stato ancora più imponente. Nello stesso tempo, i titoli “BBB” denominati in dollari sono passati dal 3,19% al 3,31%, ma se restringiamo l’attenzione all’ultima settimana, notiamo come siano esplosi dal 2,63% minimo toccato appena il 6 marzo scorso. Infine, i bond con rating “AAA”, massimamente sicuri, almeno in teoria: dal 2,55% di fine 2019 al 2,06% di questo giovedì. E avevano toccato l’1,79% il 9 marzo. Cioè, anch’essi si sono impennati di quasi una trentina di centesimi un pochissime sedute.
Se torna l’appetito per il rischio
Per quanto emerge da questi numeri, da inizio anno ad oggi si sono allargati gli spread tra il comparto IG e quello HY, ma anche all’interno del primo tra “AAA” e “BBB”.
Le obbligazioni più solide, quelle con rating da “A-” a salire, generalmente si rivelano forti quando le borse scendono e più deboli quando salgono, in quanto sono acquistate perlopiù da quanti vogliano ripararsi dalle tensioni finanziarie e cercano un approdo sicuro, accontentandosi di rendimenti infimi, pur di non mettere a repentaglio i capitali. Con il crollo di Wall Street di questa settimana, al giovedì sera le quotazioni medie americane si erano avvicinate alla media storica di 15,78, in rapporto agli utili. Avevano debuttato quest’anno a 24,67 volte, sono scese a 19,44. Se le trimestrali non indisporranno oltre il previsto, attualmente le azioni americane garantirebbero un rendimento di oltre il 5% contro poco più del 4% di inizio anno.
La tensione è lungi dall’essere cessata, ma se lo sgonfiamento dei titoli azionari è stato per molti l’occasione per trasformare finalmente in liquidità le plusvalenze e togliersi il pensiero di avere in portafoglio titoli troppo cari, l’appetito tornerà anche per le obbligazioni più rischiose, i cui rendimenti ridiscenderanno e i prezzi risaliranno. Sarebbe un potenziale buon affare per quanti volessero sia scommettere al rialzo, sia cautelarsi per gli scenari avversi, inserendo in portafoglio titoli che staccano cedole e garantiscono, quindi, flussi di reddito costanti nel tempo, oltre a un rimborso del capitale alla scadenza per importi anche di molto superiori ai valori investiti, i quali hanno subito un tonfo nelle ultime settimane.