Il sistema contributivo è quel metodo di calcolo della pensione che liquida la prestazione in base ai versamenti effettuati nel montante contributivo, una sorta di “salvadanaio”. Più contributi si versano, maggiore sarà la pensione. Nel sistema retributivo, invece, ciò che conta sono le ultime retribuzioni percepite.
Oggi la maggior parte delle pensioni è liquidata con un calcolo misto, cioè in parte con il sistema contributivo e in parte con il sistema retributivo. Tuttavia, nel calcolo della pensione entrano in gioco diversi fattori, come la data di iscrizione alla previdenza obbligatoria o la presenza di contributi figurativi.
Inoltre, esistono contributi che, sebbene siano accreditati nel montante, possono ridurre l’importo della pensione. A questo, però, c’è una soluzione: la neutralizzazione dei contributi, un meccanismo che consente di sterilizzare i contributi che, anziché aumentare l’assegno pensionistico, lo riducono.
Le regole di calcolo della pensione oggi
Riduzioni salariali dovute al passaggio dal lavoro a tempo pieno al part-time, o periodi di non lavoro coperti da cassa integrazione, disoccupazione o altri ammortizzatori sociali con copertura figurativa, sono esempi di situazioni che possono penalizzare il calcolo della pensione.
Le regole di calcolo della pensione sono sempre le stesse: chi ha iniziato a versare contributi prima del 1996 e ha continuato dopo, ha diritto a un calcolo misto. Ciò significa che la pensione è calcolata con il sistema retributivo fino al 31 dicembre 1995 e con il sistema contributivo dopo tale data. Tuttavia, chi aveva almeno 18 anni di contributi già al 31 dicembre 1995 ha diritto al calcolo retributivo fino al 31 dicembre 2011, e al contributivo per gli anni successivi. Invece, chi ha versato contributi solo dopo il 31 dicembre 1995 ha diritto esclusivamente al calcolo contributivo.
Quando la pensione non può essere penalizzata dai contributi
Una pensione interamente contributiva funziona in modo semplice: non esistono contributi dannosi.
Al momento dell’apertura, i contributi, versati nel corso degli anni, vengono rivalutati in base al tasso di inflazione registrato ogni anno. Il montante rivalutato viene poi moltiplicato per i coefficienti di trasformazione, che sono più favorevoli quanto più alta è l’età di pensionamento. Ogni euro in più versato nel montante contributivo genera una pensione più alta. Questo è il motivo per cui, nel sistema contributivo, non ci sono contributi che penalizzano la pensione.
Lo stesso discorso vale per le pensioni miste, ma solo per la parte calcolata con il sistema contributivo. Nel sistema retributivo, invece, o per la parte retributiva delle pensioni miste, la situazione cambia: ci sono periodi di copertura contributiva che possono ridurre l’importo della pensione e che dovrebbero essere neutralizzati.
Come salvaguardare la pensione neutralizzando i contributi che danneggiano il calcolo
Il problema sorge quando i lavoratori, negli ultimi anni prima della pensione, subiscono una riduzione del salario. Questo può capitare a chi, in età avanzata, decide di ridurre l’orario di lavoro, o a chi, dopo anni di carriera, subisce un licenziamento a causa della chiusura dell’azienda o per altre ragioni. I periodi di disoccupazione sono spesso coperti dalla Naspi, che però è inferiore allo stipendio percepito.
Nel sistema retributivo, ciò che conta sono gli ultimi 5 o 10 anni di lavoro e, quindi, gli stipendi percepiti in quel periodo. Una cosa è avere una pensione calcolata sulle ultime retribuzioni da lavoro, che spesso sono più alte grazie agli scatti di anzianità o alle progressioni di carriera; un’altra è avere una pensione basata sugli ultimi anni con stipendi ridotti o coperti da ammortizzatori sociali.
La neutralizzazione dei contributi che danneggiano il calcolo della pensione
Ecco perché può essere vantaggioso ricorrere alla neutralizzazione dei contributi dannosi, purché si tratti di periodi entro i 5 anni precedenti alla data del pensionamento.
È possibile eliminare dal calcolo della pensione fino a un massimo di 5 anni di contributi dannosi, compresi tutti gli ultimi 5 anni, se necessario.
In generale, i contributi figurativi da disoccupazione, cassa integrazione, mobilità, lavori socialmente utili, contratti di solidarietà, invalidità, maternità, congedi parentali per assistenza ai figli, malattia, infortuni, aspettativa per funzioni pubbliche elettive o cariche sindacali, e così via, sono quelli che possono essere potenzialmente dannosi e che possono essere neutralizzati.