Tito Boeri contro il governo Salvini-Di Maio. Non una novità, visto che l’attuale presidente dell’Inps non è andato d’accordo nemmeno con la maggioranza parlamentare del PD e le sue proposte sulla riforma della previdenza. Eppure, Boeri fu nominato dall’allora governo Renzi nel febbraio 2015, succedendo ad Antonio Mastrapasqua, travolto dagli scandali sul numero eccessivo di cariche ricoperte e da qualche vicenda giudiziaria. Ad ogni modo, l’economista milanese si è distinto sin dall’inizio del suo operato a capo dell’ente di previdenza per la sua copiosità verbale, arrivando ad irritare trasversalmente il Parlamento con le sue frequenti esternazioni e bordate contro la politica e i suoi continui suggerimenti non richiesti all’esecutivo in materia di pensioni e lavoro.
Pensioni a 67 anni: ultime cifre di Boeri e scontro tra libertà e dirigismo
Negli ultimi tempi, la polemica contro Lega e Movimento 5 Stelle si concentra sulla rivisitazione da questi proposta della legge Fornero e, in particolare, sulla proposta di introdurre “quota 100” per mandare in pensione i lavoratori prima dell’età ufficiale, che dall’anno prossimo verrà innalzata da 66 anni e 7 mesi a 67 anni. Già lo scorso anno, quando il governo Gentiloni aveva ipotizzato di bloccare temporaneamente l’aumento, Boeri aveva reagito aspramente, sostenendo che solo nel 2019 sarebbero necessari 2 miliardi di euro per finanziare lo stop.
Ora, la polemica è stata rinfocolata in questi giorni sul tema dei migranti. Il presidente dell’Inps ha messo in guardia contro il tentativo di frenare gli ingressi di lavoratori stranieri in Italia, a suo dire necessari per sostenere i conti della nostra previdenza, i quali altrimenti non si terrebbero in piedi per via del calo demografico atteso nei prossimi decenni.
Boeri, presidente “chiacchierone”
Non vogliamo entrare nella polemica e quando Boeri controreplica con “la forza dei dati” mostra quasi certamente di raccontare la verità. Il punto è un altro: può il presidente del principale ente di previdenza nazionale trasformare la propria carica in “politica”, lanciando proposte, contrapponendosi ai programmi dei partiti o reagendo contro i provvedimenti di governo e Parlamento? La risposta è negativa. Egli ha tutto il diritto, forse persino il dovere, di fornire alla politica dati e tendenze di cui dispone da presidente dell’Inps, ma è la politica a dovere compiere scelte, positive o negative che siano giudicabili, perché è essa e non il burocrate ad avere ricevuto un mandato dagli elettori, ai quali dovrà rispondere.
Pensione a 63 anni? Ecco perché la proposta di Boeri prende in giro i lavoratori
Se il governo giallo-verde ritiene di dovere mantenere fede alla promessa elettorale dei due partiti su cui si regge di smontare la legge Fornero, lo faccia pure. Se tali contro-riforme avranno effetti indesiderabili per i conti pubblici e l’economia italiana, verrà mandato a casa alla prima occasione utile e a quanti ritengono che prima che ciò accada, l’Italia rischi di andare a rotoli, sembra facile replicare che, per fortuna, il nostro ordinamento prevede meccanismi e un funzionamento tali da minimizzare il rischio di un colpo di testa di qualsivoglia maggioranza. Le leggi vanno licenziate dal Quirinale con le relative coperture finanziarie, per cui una cancellazione parziale o totale della Fornero non equivarrebbe a sconquassare i conti statali, bensì a spostare voci di uscita e/o entrate da un capitolo all’altro.
L’ipotesi per “cacciare” Boeri
Mancano 6 mesi alla scadenza del mandato di Boeri, ma non è detto che arrivi a completarlo. Salvini ha paventato senza ipocrisie la possibilità di cacciarlo e il collega al Lavoro, Luigi Di Maio, non è stato da meno, quando ha dichiarato che “per ora” il mandato del presidente Inps scade a inizio 2019. Come potrebbero mandarlo a casa in anticipo? Esclusa la carta della rimozione, che porterebbe a uno scontro con il Quirinale tendenzialmente feroce, il premier Giuseppe Conte e proprio Di Maio potrebbero giocare la carta ventilata mesi fa dal PD, ovvero il ripristino del consiglio di amministrazione, rimosso da Mastrapasqua, che nei fatti commissarierebbe Boeri, mettendolo in minoranza, visto che i membri del board sarebbero di nomina governativa. A quel punto, l’economista potrebbe ritrovarsi con le spalle al muro circa il funzionamento operativo dell’ente, che certo non brilla da anni per efficienza, come sanno tristemente pensionati, lavoratori e disoccupati sulla loro pelle, tra ritardi nell’erogazione di prestazioni e nell’esame di richieste previdenziali. L’ente, ha lamentato spesso Boeri stesso, sarebbe sotto-organico.
L’attenzione per la stabilità dei conti pubblici farebbe onore a Boeri, se non fosse che negli anni sembra avere cambiato idea sul tema. Nel pieno della crisi economica del 2008-’09, egli criticò il governo Berlusconi per la sua inerzia, sostenendo che l’Italia necessitasse di “politiche anti-cicliche”, ovvero di misure di deficit spending. Vi immaginate che fine avremmo fatto, se davvero l’esecutivo allora avesse fatto esplodere il disavanzo fiscale, quando abbiamo subito la dolorosa crisi dello spread, pur in presenza di un aumento contenuto del deficit, data l’elevata percentuale di partenza del rapporto debito/pil? Per dirla alla Salvini, Boeri fa “il fenomeno”, ma presto gli sarebbe servito un piatto indigesto, anche se, visto il breve lasso di tempo che lo separa dalla fine del mandato, sarebbe un dispendio di energie quasi inutile per il governo ottenere le sue dimissioni per vie traverse.