Basterebbe guardare l’andamento dei future sui BTp per capire che da oltre due mesi il grafico segnali un calo. In media, di poco meno del 3%. Ma esso fa riferimento ai titoli di stato italiani di durata media all’incirca sui 10 anni. Se allarghiamo lo sguardo ai titoli con scadenze molto più lunghe, le perdite risultano ben maggiori. E’ il risultato del rialzo dei rendimenti sovrani e corporate sui mercati obbligazionari. Il fenomeno riguarda anche asset “core” come i Bund, il cui rendimento decennale in due mesi è lievitato di circa 30 punti base.
Calcolo perdite BTp e fattore cedola
Abbiamo preso in considerazione i tre BTp più longevi sinora emessi. Il primo riguarda la scadenza marzo 2072, che ha fatto il suo debutto nell’aprile scorso. Il 10 agosto, quotava 105,30, mentre oggi è sceso a meno di 98 centesimi. In poco più di due mesi, il bond ha perso il 6%. Per recuperare una tale perdita, occorrerebbe incassare 3 anni e rotti di cedole nette. Nel caso specifico, parliamo dell’1,88%.
Se facessimo lo stesso esercizio con il BTp 2067, il primo “Matusalemme” del Tesoro, notiamo che anche in questo caso il calo della quotazione è stato del 6% nel periodo considerato. Nello specifico, poiché partiamo da una cedola più elevata (2,80% lordo), occorrerebbero 2 anni e mezzo per recuperare la perdita. Tuttavia, rapportando l’entità della cedola al valore dell’investimento in data 10 agosto, il tasso effettivo scenderebbe e gli anni che ci servirebbero per rimediare al rosso supererebbero anche stavolta i 3 anni.
Infine, il BTp 2051. Neppure a dirlo, anch’esso a -6% dai massimi di agosto. Con una cedola netta dell’1,4875%, ci servirebbero più di 4 anni per coprire la perdita. In definitiva, l’obbligazionista che avesse acquistato i titoli di stato italiani ai recenti massimi, oggi come oggi avrebbe in portafoglio asset deprezzati e tali per cui dovrebbe incassare per le scadenze più lunghe 3-4 anni di cedole nette effettive per solamente andare in pari con l’investimento.