La Corea del Nord è senza dubbio lo stato più chiuso al mondo, tanto da essere definita “regno eremita”. A guidarla dal dicembre 2011 è Kim Jong-Un, nipote del Leader Eterno Kim Il-Sung e figlio di Kim Jong-Il. Si tratta di una dittatura comunista di stampo stalinista ereditaria. Insomma, al contempo una monarchia assoluta e un regime totalitario. Dall’inizio dell’anno, Pyongyang ha condotto ben 14 test missilistici, confermandosi una minaccia nucleare per il mondo e, in particolare, per i nemici confinanti della Corea del Sud e il Giappone.
Una dittatura mafiosa
Ma questi resoconti para-bellici cozzano con la descrizione dell’economia nordcoreana praticamente alla fame. La crisi alimentare nel paese è diventata così grave che Kim Jong-Un ha disposto l’invio nelle campagne di impiegati e operai per dare una mano ai contadini. La siccità sta devastando i già magri raccolti e di piogge non ne sono attese fino alla prossima settimana. Inoltre, le frontiere con la Cina sono rimaste totalmente chiuse per due anni con la pandemia. E Pyongyang ha quale unico partner commerciale praticamente Pechino.
Come fa un regime così squattrinato a spendere fior di quattrini per portare avanti la sua minaccia nucleare? Quello che molti non sanno è che Kim Jong-Un si trova a capo di una dittatura dalle sembianze mafiose. Il riciclaggio di denaro è forse l’attività principale della Corea del Nord. E le “criptovalute” sono da anni lo strumento preferito per accedere alla valuta estera pregiata: i dollari. Non solo esistono unità governative specializzate nel “mining” di Bitcoin e altri token, chiamate Lazarus Group e APT38. Esse si rendono spesso protagonisti di operazioni di “hacking” internazionale molto fruttuose.
I furti di Kim Jong-Un per la sua minaccia nucleare
Nel mese di marzo, Sky Mavis è stata la vittima della pirateria informatica nordcoreana.
E mentre i nordcoreani sono costretti a sacrifici impensabili nel resto del pianeta, la crudeltà del regime s’intensifica. A parte la più forte repressione del contrabbando di merci al confine con la Cina, il quotidiano di opposizione all’estero Daily-NK riporta che i militari starebbero ispezionando a campione i telefonini dei ragazzini fermati per strada allo scopo di verificarne le chiamate in entrata e uscita, i messaggi ricevuti e spediti e persino se abbiano scaricato musica o video illegali. Eventuali infrazioni riscontrate possono costare la vita ai malcapitati. Insomma, né “panem” e né “circenses” nel mostruoso regno di Kim Jong-Un.