La Grexit sempre più probabile
6) 5 luglio: è ancora la Grecia a concentrare l’attenzione dei media mondiali. Quando arriva la sera, per l’Eurozona la sorpresa è amarissima: il 60% degli elettori si è espresso contro il piano offerto dai creditori, smentendo non solo i sondaggi, che indicavano un testa a testa, nonché le stesse convinzioni del premier, il quale avrebbe preferito una vittoria dei “sì”, così da essere costretto a firmare, ma senza essersi assunto una responsabilità personale. Poche ore dopo, si dimette il chiacchieratissimo ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, che buona parte dell’opinione pubblica in patria e i governi europei considerano l’artefice del disastro in cui è andata a sbattere la Grecia, il cui destino sembra ormai fuori dall’euro.
7) 13 luglio: dopo 17 ore di trattative estenuanti e quando alle luci dell’alba sembrava che la Grecia stesse davvero per tornare alla dracma, Tsipras alza bandiera bianca e accetta di firmare un
terzo bailout da 86 miliardi di euro, le cui condizioni sono considerate peggiori di quelle che appena una settimana prima erano state respinte con il voto popolare. La stampa internazionale parla di umiliazione per il premier ellenico, il quale torna a casa afflitto, ma avendo almeno impedito l’uscita di Atene dall’euro. Parte di Syriza non accetta la firma del piano e si stacca dal resto del partito, dando vita a Unità Popolare, che alle elezioni anticipate di settembre, però, non travalica lo sbarramento del 3% e resta fuori dal Parlamento. Il gruppo fa riferimento al ministro dell’Energia, Panagiotis Lafazanis, che si dimette subito dopo il terzo salvataggio della Grecia in 5 anni.