La Cina ha la necessità di diversificare le sue riserve valutarie da oltre 3.000 miliardi di dollari, di cui per più di un terzo investite in titoli del debito americano o Treasuries. Tuttavia, se ne parla da anni a Pechino, ma il limite operativo per una simile scelta riguarda l’assenza di alternative. Nessuno altro mercato obbligazionario sovrano si mostra tanto liquido e sicuro come quello da 16.000 miliardi dell’America. Non quello giapponese, detenuto quasi totalmente da investitori domestici, tra cui la banca centrale.
Eurobonds progetto contro la disintegrazione dell’Europa?
Eppure, la Cina sta drizzando le antenne sull’euro. Se nel 2018 tutta l’Asia ha inciso per il 4-5% della domanda di bond emessi dall’ESM, l’ultima emissione del decennale quest’anno ha riscosso ordini per circa il 20% tra gli investitori asiatici, segno che da Pechino stiano giungendo segnali di crescente interesse. Di cosa parliamo? Delle obbligazioni emesse dal fondo europeo sovranazionale, noto come Meccanismo di Stabilità Europeo, partecipato dagli stati dell’Eurozona e da loro garantito. Vanta il massimo rating possibile (“AAA”/”A1”), per cui si mostra particolarmente sicuro, tanto da esitare rendimenti molto bassi, seppure più alti di quelli sovrani tedeschi.
Ad esempio, il bond 2029 (ISIN: EU000A1Z99H6), cedola 0,5%, offre oggi circa lo 0,15%, sui 35 punti base in più di un Bund di pari durata. Il problema, anche in questo caso, risiede nella scarsa liquidità di questo mercato, anche volendo sommare le emissioni dell’Efsf, il fondo nato prima dell’ESM e che questi ha successivamente soppiantato.
Le resistenze della Germania
Per fortuna di Trump, di chi lo ha preceduto e di chi lo succederà, che l’ESM inizi a emettere debito al posto dei singoli suoi membri ad oggi resta la più irrealistica delle previsioni. Vi si oppone con tutta la sua forza la Germania, che attorno a sé sul punto raduna tutti gli stati del Centro-Nord Europa, timorosi di finire per pagare le spese “pazze” dei partner indebitati del sud. Di cosiddetti “Eurobond” non se ne parla e questo rasserena la Casa Bianca, perché nel caso in cui spuntassero davvero sul mercato, ecco che persino la stessa moneta unica contrasterebbe il dominio del dollaro sui mercati internazionali e tra le riserve delle banche centrali, segnalando la fine della frammentazione finanziaria nell’area e degli annessi spread.
Nel lungo periodo, una simile prospettiva, pur con tutta la gradualità possibile, non sarebbe da escludere, qualora gli spread nell’Eurozona scendessero entro limiti accettabili (già oggi sarebbe così, se non fosse per Italia e Grecia) e così pure i rapporti debito/pil di tutti gli stati membri. A quel punto, il costo di una simile operazione per la Germania e i suoi stretti alleati nordici si ridurrebbe fortemente e, anzi, potrebbe essere più che compensato dal beneficio di un euro reale concorrente del dollaro come valuta di riserva mondiale. E sarebbe allora che la Cina si butterebbe a capofitto sui titoli in euro, quelli emessi dall’entità sovranazionale, a discapito del Tesoro di Washington.
Spread reale tra Italia e Germania ancora più alto e rende impossibili gli Eurobond