Ecco i calcoli sul taglio delle pensioni e che arretrati dovrebbe avere un pensionato

Un ricorso di un pensionato ed ex dipendente statale che opera anche a nome di altri nella sua situazione, dalla Corte dei Conti è passato alla Corte Costituzionale. Infatti la Corte dei Conti della Toscana ha deciso di sollevare dubbi sulla presunta incostituzionalità del meccanismo della rivalutazione delle pensioni. Tutto parte da un ricorso presentato da un ex dirigente scolastico contro i tagli che il meccanismo dell’indicizzazione delle pensioni al tasso di inflazione prevede per le pensioni più alte di 4 volte il trattamento minimo. Ogni qualvolta la Consulta viene interpellata su questioni inerenti l’operato del governo in materia lavoro
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3 mesi fa
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Un ricorso di un pensionato ed ex dipendente statale che opera anche a nome di altri nella sua situazione, dalla Corte dei Conti è passato alla Corte Costituzionale. Infatti la Corte dei Conti della Toscana ha deciso di sollevare dubbi sulla presunta incostituzionalità del meccanismo della rivalutazione delle pensioni. Tutto parte da un ricorso presentato da un ex dirigente scolastico contro i tagli che il meccanismo dell’indicizzazione delle pensioni al tasso di inflazione prevede per le pensioni più alte di 4 volte il trattamento minimo.


Ogni qualvolta la Consulta viene interpellata su questioni inerenti l’operato del governo in materia lavoro e previdenza apre a scenari particolari.

Esperienze del passato dimostrano come a volte la Corte Costituzionale può dare ragione ai dubbi bocciando dal punto di vista della Costituzione una norma del governo. Imponendo allo stesso di provvedere a mettere a posto il tutto. Ma come? Provvedendo a risarcire i cittadini danneggiati da quella norma. Ecco quindi che sulla questione l’attesa diventa tanta. E i conti che alcuni studi hanno prodotto su ciò che significa rivalutazione ridotta a partire dalle pensioni sopra 4 volte il trattamento minimo, mettono in luce cifre davvero rilevanti.

Ecco i calcoli sul taglio delle pensioni e che arretrati dovrebbe avere un pensionato

Un calcolo fatto dal sindacato CGIL mette in luce gli effetti in termini di denaro che il taglio alla rivalutazione del meccanismo della perequazione ha prodotto. Se questi numeri si guardano dal punto di vista dei pensionati, si parla di potenziali crediti nei confronti dello Stato degli stessi pensionati. Che possono oggettivamente pensare di poter godere prima o poi di arretrati e recuperi. Se invece la stessa cosa la si fa dal punto di vista del governo o dello Stato, ecco che aleggia lo spettro di dover risarcire i pensionati con cifre enormi, che probabilmente sono insostenibili.


Ma andiamo con ordine. Nel 2024 le pensioni sono state rivalutate al tasso di inflazione che l’ISTAT certificò sul finire del 2023. Era il tasso previsionale, con il costo della vita che fu dato in aumento del 5,4%. La rivalutazione delle pensioni funziona in maniera proporzionale. Nel senso che più alta è la pensione più si abbassa la percentuale di aumento da un anno all’altro.

Nello specifico solo le pensioni fino a 4 volte il trattamento minimo salgono del 100% rispetto al tasso di inflazione (5,4% se prendiamo ad esempio il 2024). Le pensioni più alte aumentano in misura inferiore. Con quelle sopra 4 e fino a 5 volte il minimo che salgono dell’85% rispetto al tasso di inflazione (l’85% del 5,4%, ovvero del 4,59%). Per quelle più alte ma fino a 6 volte il minimo l’aumento è del 53% e scende al 47% per quelle fino a 8 volte, al 37% per quelle fino a 10 volte e al 22% per quelle ancora più alte.

Da cosa scaturisce la situazione che tira dentro anche la Corte Costituzionale

La presunta incostituzionalità della norma riguarda il fatto che di fatto in questo modo si penalizzano i lavoratori che alla luce di un lavoro di elevata qualità oppure di elevata quantità, sono riusciti ad avere retribuzioni e contribuzioni elevate durante la carriera. A tal punto da portare ad incassare una pensione altrettanto elevata. La Costituzione parla proprio di retribuzioni nel suo articolo numero 36 dove si legge che: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.
Un principio costituzionale che verrebbe leso per il solo fatto che nel passaggio dalla retribuzione alla pensione, il cittadino adesso viene penalizzato.
Il fatto è che il governo Meloni adesso pare intenzionato a utilizzare anche per il 2025 lo stesso meccanismo.

A prescindere dal fatto che il tasso di aumento del costo della vita adesso è dell’1,6% e quindi nettamente inferiore a quello degli ultimi 2 anni, la CGIL è arrivata a quantificare cosa effettivamente è stato perso come pensione dai pensionati dal 2023 ad oggi. Parliamo di soldi in meno percepiti, che, nel caso in cui la Consulta boccia la misura, potrebbero trasformarsi in arretrati da corrispondere ai pensionati.

Quali sono le cifre di cui parla la CGIL sulle rivalutazioni delle pensioni

In base ai dati della CGIL sono le pensioni sopra 1.650 euro quelle a partire dalle quali il taglio della perequazione ha sortito effetto. Come si legge sull’Ansa, la CGIL parla di perdite di circa 4.000 euro nel tra il 2023 e il 2025 su una pensione tra i 2.000 ed i 2.400 euro. Per pensioni da 1.700 euro invece il taglio subito è più o meno tra i 900 ed i 1.000 euro. Sarebbero queste le cifre che un pensionato dovrebbe recuperare nel caso in cui la Corte Costituzionale arrivi a definire incostituzionale la rivalutazione usata. Arretrati ricchi quindi, anche se come successo in passato, la Consulta può operare anche diversamente ed anche se boccia il meccanismo. Non sempre infatti la Corte Costituzionale condanna lo Stato a risarcire tutto il maltolto.

Anche perché c’è da fare i conti con la sostenibilità di una operazione di questo genere. Con la CGIL che conta in oltre 10 miliardi di euro ciò che lo Stato ha risparmiato. Che poi di fatto è ciò che lo Stato dovrebbe spendere adesso per risarcire i pensionati. Ecco quindi che si può arrivare ad uno sblocco della perequazione piena. Ma solo per i ratei di pensione successivi ad una sentenza senza e parlare di arretrati. Oppure si può arrivare a risarcimenti una tantum, cioè con cifre prestabilite. In questo caso parliamo di cifre nettamente inferiori a quelle che dovevano essere. Ricalcando quanto fu fatto con la legge Fornero ed il suo blocco della perequazione.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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