Si terranno domani le elezioni di metà mandato negli Stati Uniti d’America, così chiamate perché arrivano esattamente dopo due dei quattro anni del presidente in carica. Come sempre, un test per l’inquilino della Casa Bianca. La storia ci dice che quasi sempre il partito di governo perde seggi, spesso persino la maggioranza nei due rami del Congresso. In palio ci saranno tutti i 435 seggi della Camera dei Rappresentanti e 35 su 100 seggi del Senato, oltre che 36 governatori su 50. Il Partito Democratico del presidente Joe Biden parte da 221 seggi alla Camera e 50 al Senato.
Scontro a distanza tra Biden e Trump
Stando ai sondaggi, i repubblicani dovrebbero conquistare la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera e sarebbero in vantaggio anche al Senato. Tuttavia, non è chiaro se in questo secondo caso saranno in grado di scalzare la maggioranza democratica, dati i pochi seggi da rinnovare. La destra ci crede, forte dell’impopolarità di Biden, che negli ultimi mesi sta risentendo anche dell’alta inflazione.
Le elezioni di metà mandato potranno avere un grosso impatto sui mercati. Storicamente, nei due anni successivi ad esse la borsa americana cresce di più. Ma questo è un caso particolare. La Federal Reserve sta alzando i tassi d’interesse. Li ha già portati al 4% ed è probabile che non si fermi prima che arrivino almeno al 5%. Ciononostante l’economia americana sembra solida e una recessione al momento non sembra imminente. D’altra parte, i tassi sui mutui a 30 anni sono saliti in media sopra il 7% e il mercato immobiliare lancia segnali di stress.
Un Congresso in tutto o in parte controllato dalla destra quale impatto avrebbe sui mercati? Dobbiamo premettere che un’eventuale vittoria dei repubblicani equivarrebbe a una rivincita di Donald Trump.
Elezioni di metà mandato: stop armi a Ucraina?
L’ala trumpiana del GOP vorrebbe fermare gli aiuti all’Ucraina di Volodymyr Zelensky, sostenendo che si tratti di uno stato iper-corrotto. Se ciò accadesse, le ripercussioni sull’andamento della guerra tra Ucraina e Russia rischiano di essere pesanti. Infatti, con minori aiuti a disposizione Kiev avrebbe maggiori difficoltà a resistere alle truppe di Mosca. Se ciò dovesse portare a un’accelerazione dei tempi bellici, i mercati sconterebbero costi per l’energia più bassi per il prossimo futuro. Le aspettative d’inflazione si “raffredderebbero” e i rendimenti dei bond, specie a lungo termine, scenderebbero.
Ed è anche possibile che lo scontro tra Congresso e Casa Bianca spingerebbe il governatore Jerome Powell a mostrarsi più prudente sugli ulteriori rialzi dei tassi. L’economia americana sarebbe privata, in caso di rallentamento, degli stimoli fiscali prontamente necessari a suo sostegno. Ciò frenerebbe ancora di più la corsa dell’inflazione. Il dollaro s’indebolirebbe, trend a cui sembra destinato in ogni caso nel medio termine.
E destra maggioranza al Congresso significherebbe anche minori vincoli ambientali per le compagnie petrolifere. Le maggiori trivellazioni aumenterebbero nel medio termine l’offerta di greggio, ancora oggi di oltre un milione di barili al giorno più bassa rispetto ai massimi pre-Covid. La possibile discesa dei prezzi internazionali favorirebbe lo sgonfiamento dell’alta inflazione. Tuttavia, lo scontro con la Cina diverrebbe verosimilmente più forte. Le relazioni diplomatiche tese andrebbero a discapito di quelle commerciali, inasprendo i problemi di questi anni alle catene di produzione lunghe.