Ecco perché i consumatori rischiano la carenza strutturale di beni

Inflazione e colli di bottiglia come fenomeni apparentemente transitori dopo il Covid. Invece, i consumatori rischiano grosso anche in futuro.
3 anni fa
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Consumatori e rischio carenza strutturale dei beni

Durante la pandemia, capitò che diversi prodotti sugli scaffali dei supermercati fossero carenti. All’estero, scarseggiò perlopiù la carta igienica, mentre in Italia i consumatori ebbero problemi a trovare lievito per la pasta e alcool etilico. Un fenomeno passeggero, determinato dall’aumento repentino (spesso, ingiustificato) della domanda, a fronte di una produzione calante per via delle restrizioni anti-Covid. Ma è con la fine o quasi della pandemia che il mondo sta vivendo una fase più preoccupante di carenza di beni.

Mancano i chip, ragione per cui milioni di automobili non possono essere prodotte e i prezzi di quelle usate su alcuni mercati sono letteralmente esplosi.

Scarseggiano materie prime come gas naturale, silicio metallico, alluminio, rame, etc. Le ragioni sono diverse: le catene di produzione troppo lunghe per via della globalizzazione dei processi industriali subiscono in questo o quel paese una qualche interruzione per le norme anti-Covid. Inoltre, i consumi sono ripartiti prima dell’offerta. Nel Regno Unito, poi, l’implementazione della Brexit sta creando problemi ancora più seri per il rifornimento di supermercati e stazioni di servizio. A scarseggiare sono gli autisti di camion.

Anche in questo caso, gli analisti rassicurano che si tratti di un fenomeno passeggero, per quanto rischi di spegnere la ripresa economica in corso, attraverso la risalita troppo veloce dell’inflazione. Ma i consumatori rischiano per il futuro di ritrovarsi a fronteggiare situazioni simili in misura pressappoco strutturale. Il problema a monte deriva dalla tendenza monopolistica. Negli ultimi anni, alcune multinazionali si sono ingigantite a tal punto da distruggere ogni forma di concorrenza che hanno trovato sulla loro strada. Colossi come Google, tanto per citarne uno noto a tutti, non temono rivali in gran parte del pianeta.

I monopoli minacciano i consumatori di tutto il mondo

I monopoli riescono a fare molti più profitti di un’azienda che opera in un mercato concorrenziale.

Essendo gli unici ad offrire un prodotto o servizio, possono permettersi di produrre quantità minori a prezzi più alti. In economia, si suole dire che il benessere sociale in un mercato monopolistico sia inferiore rispetto a un mercato in perfetta concorrenza. Poiché la tendenza alle concentrazioni societarie va avanti da decenni e senza grosse resistenze sul piano normativo, il rischio concreto consiste nel ritrovarci prestissimo dentro a una globalizzazione intesa come sommatoria di mercati monopolistici o oligopolistici, dove l’offerta è volutamente ristretta dagli offerenti per massimizzare i profitti.

Passeremmo da una globalizzazione che sinora si è tradotta in un aumento sterminato delle merci e della stessa concorrenza a tutt’altra fisionomia di mercato. A quel punto, la carenza di prodotti e servizi diverrebbe un fenomeno strutturale. E nessuno s’illuda che basterebbero leggi più restrittive per stanare sul nascere i tentativi di monopolizzazione del mercato. Una volta che alcune società arrivano per prime su un dato segmento dell’offerta, farvi concorrenza diventa rischioso e costoso. Esistono barriere all’ingresso di tipo naturale, che disincentivano nuovi potenziali soggetti ad investire. Chi se la sentirebbe oggi di fare concorrenza ad Amazon? Certo, esistono migliaia di siti di vendite online, ma nessuno grande e con la vastità dell’offerta del colosso di Jeff Bezos nel mondo occidentale.

I consumatori potrebbero essere incorsi nell’illusione di poter confidare su un’offerta illimitata e a basso costo grazie alla globalizzazione. Invece, proprio la concentrazione incessante di potere economico in mano a relativamente poche multinazionali rischia di sortire lo scenario opposto, ovvero di un mercato con pochi beni e servizi a prezzi elevati. Se siamo nell’era in cui un gruppo di pochi imprenditori del web è riuscito a oscurare un presidente uscente degli Stati Uniti, bloccandogli ogni accesso all’informazione diretta online, iniziate a immaginare cosa possa essere fatto da qui a breve ai danni dei consumatori.

Non chiamatelo libero mercato!

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
Il suo motto è “Il lettore al centro grazie a una corretta informazione”; ogni suo articolo si pone la finalità di accrescerne le informazioni, affinché possa farsi un'idea dell'argomento trattato in piena autonomia.

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