Il 2022 parte male sul fronte del debito pubblico italiano, salito a gennaio di 35,5 miliardi di euro in un mese e di ben quasi 107 miliardi nei dodici mesi. Lo stock è risultato essere di 2.713,9 miliardi di euro. A farlo crescere sono state le maggiori disponibilità liquide del Tesoro per 36,3 miliardi e il combinato tra scarti/premi di emissione, variazioni dei titoli indicizzati all’inflazione e dei tassi di cambio per 1,1 miliardi. Al contrario, le Amministrazioni pubbliche hanno nel complesso registrato un avanzo di cassa di 1,8 miliardi.
Vediamo cosa significano queste cifre. A gennaio, lo stato italiano ha incassato quasi 2 miliardi in più rispetto alle sue spese. E allora come mai il debito pubblico è esploso? Per il semplice fatto che il Tesoro ha approfittato dell’abbondante liquidità disponibile sui mercati ancora a costi relativamente bassi, pur in rialzo, emettendo BTp per un importo superiore a quello in scadenza. In altre parole, ha fatto scorte di denaro da utilizzare nei mesi successivi. Come quando vi mettete in casa più farina del necessario, temendo che i prezzi aumenteranno e che al supermercato non ne troverete abbastanza.
Questo comportamento è ordinario, non ha alcunché di insolito. Il Tesoro è solito aumentare il debito pubblico ben oltre il fabbisogno reale fino all’estate, salvo abbatterlo nei mesi rimanenti dell’anno, quando emette meno BTp in valore di quanti ne arrivino in scadenza. E questo, perché nell’ultima parte dell’anno il mercato si mostra meno disponibile a investire, per cui i costi della raccolta tendono a salire. Non solo. Nei primi mesi di un esercizio, lo stato non è certo di quanto saranno le entrate fiscali da un lato e le spese dall’altro. Dunque, si mette al sicuro emettendo più debito del necessario e quando inizia ad avere un quadro grosso modo credibile dei numeri inizia a impiegare l’eccesso di liquidità in cassa.
Debito pubblico a fine 2022, ipotesi
A quale livello salirà il debito pubblico italiano a fine 2022? Nella Nota di Aggiornamento al DEF di settembre, il governo Draghi aveva stimato un suo rapporto con il PIL al 148,8%. In valori assoluti, lo stock salirebbe così a oltre 2.800 miliardi. Tuttavia, nel 2021 i conti pubblici si sono mostrati molto migliori delle attese: a fronte di un rapporto debito/PIL stimato al 153,5%, esso si è attestato al 150,4%. Il deficit è sceso sotto il 6% contro il 9,4% atteso. E così, il debito pubblico è risultato di 53 miliardi inferiore ai 2.731 miliardi paventati. Il 2022, quindi, debutta con un passato migliore del previsto.
Se il deficit restasse invariato rispetto al PIL e pari al 5,6% indicato nei documenti ufficiali, prendendo per buona una crescita nominale del PIL del 6,2% (4,7% reale + 1,5% d’inflazione), il debito pubblico si porterebbe a quasi 2.785 miliardi. Con ogni probabilità, sarà nettamente più basso. E’ vero che la crescita sarà ben inferiore alle stime, ma l’inflazione risulterà decisamente superiore. A febbraio, ad esempio, era già al 5,7% e il dato acquisito per l’anno saliva al 4,3%. Trascinandoci un consuntivo di oltre 50 miliardi di euro migliore rispetto alle previsioni del 2021, avremmo per quest’anno un debito in area 2.730 miliardi. Tuttavia, il caro bollette sta spingendo il governo a intervenire con misure che saranno necessariamente in deficit e che potrebbero ammontare per decine di miliardi. Ottimisticamente, riusciremmo a rimanere sotto 2.750 miliardi se l’economia italiana non entrasse in recessione. Altrimenti, tale soglia sarebbe sfondata, anche se non di molto.