Indici azionari giù a doppia cifra in molti mercati finanziari da inizio anno. E persino la borsa americana è entrata nella fase “orso”, che formalmente inizia con una discesa media del 20% rispetto ai massimi più recenti. Parliamo di una perdita per complessivi 12.000 miliardi di dollari alla metà di giugno. Fatta eccezione per la breve parentesi legata alla pandemia nella primavera del 2020, questa è la prima reale inversione di tendenza di Wall Street dopo 15 anni. Era dal 2007 che la borsa americana non cambiava segno.
Scoppiata la bolla azionaria
L’aumento del costo del denaro impatta negativamente sul cosiddetto “margin debt” o “debito marginale”. Si tratta di denaro preso in prestito da un broker per acquistare titoli azionari tramite l’effetto leva. Al 13 giugno scorso, risultava complessivamente pari a 752,9 miliardi di dollari. Era arrivato al record storico di 936 miliardi nell’ottobre scorso. Da quel picco è sceso di circa il 20% e, guarda caso, anche la borsa americana ha ripiegato del 23% nello stesso periodo.
Prima di Lehman Brothers, il margin debt arrivò ad attestarsi a un massimo di 400 miliardi. Da allora, una corsa sfrenata alimentata dai bassi tassi d’interesse. Ed è vero che nel 2007 tale importo valeva il 2,8% della capitalizzazione totale della borsa americana, mentre oggi vale per meno del 2%. Tuttavia, ciò è dato dal fatto che nel frattempo proprio il margin debt ha alimentato una bolla azionaria, la quale sta sgonfiandosi in questi mesi. Pensate, ad esempio, che quest’anno il titolo Netflix perde il 72%, Amazon il 40%, Tesla il 45%, Microsoft il 27%, Alphabet il 26%, Facebook il 52%, ecc.
Come funziona il margin debt alla borsa americana
Prendere a prestito denaro è più costoso e ciò disincentiva il ricorso al margin debt per comprare azioni.
Supponete che il titolo crolli a 60 dollari. Il valore delle vostre azioni scende a 60.000 euro, appena 10.000 in più dei 50.000 dollari da voi effettivamente spesi. Per la regolamentazione americana, la differenza tra il valore delle azioni e il margin debt (qui a 10.000 dollari) non deve essere inferiore al 25% del valore delle azioni. Nel caso specifico, scatta un “margin call” di 5.000 dollari: o versate tale cifra al broker per arrivare a 15.000 su 60.000 dollari (25%) o il broker sarà costretto a liquidare parte del pacchetto azionario. Nel caso specifico, venderà 20.000 dollari di azioni, così da scendere a un valore di 40.000 dollari, il quadruplo esatto dei 10.000 dollari di cui sopra.
Il circolo vizioso che affossa le azioni
In una fase calante dei prezzi, molti azionisti che hanno investito a leva non vogliono sentirne di spendere altro denaro per mantenere il portafoglio intatto. Temono di “bruciarlo” e preferiscono uscire del tutto dall’investimento. Dunque, vendono e contribuiscono così ad alimentare le perdite, che a loro volta fanno scattare altri “margin call”. Il calo del margin debt denota proprio la minore propensione del mercato a puntare sulla borsa americana. Intravede il rischio di restarne intrappolato a costi superiori ai benefici.
Più alti i tassi, minore il margin debt e più i cali azionari saranno sostenuti. In termini di rapporto con la capitalizzazione, siamo già scesi intorno alla media storica. In valore assoluto, invece, ci sarebbe ancora molta strada da percorrere.