Un terzo dei dipendenti pubblici continuerà ad avvalersi dello “smart working” anche per il 2021. Lo conferma il governo, terrorizzando i titolari di bar e ristoranti di tutta Italia, disperati dall’impatto che una simile misura avrebbe sul loro fatturato, trattandosi di un milione di potenziali clienti in meno al giorno. Giugno è stato il mese della riapertura dopo oltre due mesi e mezzo di chiusura forzata per via del “lockdown”, ma il giro d’affari nel confronto annuo viene stimato in tracollo verticale finanche del 60% dalle associazioni di categoria.
Il lavoro a distanza è stata una scelta obbligata per migliaia di aziende, che hanno così potuto continuare a produrre in piena emergenza Coronavirus. I dipendenti sono stati fatti lavorare da casa, muniti di PC o notebook con il quale hanno interagito con titolari e colleghi, spesso attraverso piattaforme come Skype o Zoom, quest’ultima una novità per centinaia di milioni di persone in tutto il mondo. Si è fatta di necessità virtù. Fatto sta che adesso sono in tanti, pure tra gli imprenditori, a chiedersi se non sia arrivato il momento di rendere definitivo il cambiamento, fatto salvo che le aziende italiane si sono mostrate abbastanza soddisfatte dei risultati.
Contrariamente ai timori, non solo non ci sarebbe stato alcun calo della produttività, anzi la soddisfazione tra i dipendenti ha migliorato l’umore e i rapporti personali. Ma per ogni scelta c’è sempre il rovescio della medaglia: il telelavoro, che formalmente non sarebbe sinonimo di “smart working”, sta privando decine di migliaia di bar e ristoranti in tutto lo Stivale dei clienti abitudinari, quelli che la mattina prendono il caffè al bancone e che durante la pausa pranzo consumano qualcosa nei locali, magari provvisti di buoni pasto.
Buoni pasto, commercianti arrabbiati minacciano la pausa pranzo dei lavoratori
Telelavoro e bar nuovi amici?
Business perduto per bar e ristoranti? L’impatto è senz’altro duro, ma sbaglia chi nella categoria pensa che bisogna fermare il mondo per salvaguardare una fetta di affari altrimenti a rischio. Anzitutto, perché non saranno le leggi dello stato ad arrestare la tendenza, secondariamente perché la realtà, come quasi sempre, è più complessa di come la si teorizzi. E’ vero che il rito del caffè al bar rischia di venir meno per milioni di italiani o che parte consistente dei buoni pasto si perderebbe, ma il telelavoratore non è un individuo asociale o che vive rintanato a casa, privo di contatti con l’esterno.
Per telelavoro non s’intende semplicemente lavoro da casa, ma “a distanza”, che è un po’ diverso. Si può lavorare in qualsiasi ambiente che sia compatibile con la propria mansione. All’estero, già da qualche tempo prima del Covid si vedono scene di uomini d’affari a sorseggiare un caffè o a mangiare seduti al tavolo di un bar, un pub o un ristorante, con tanto di portatile per lavorare. Scrivono, parlano, ascoltano con le cuffie, leggono e tutto questo mentre bevono e mangiano. Lo stesso nel tempo accadrebbe in Italia. Ma c’è di più. Il telelavoro spingerà milioni di italiani a rivedere i propri orari per intrattenere rapporti sociali, un bisogno insopprimibile per l’animo umano. Non usciranno la mattina, ma forse lo faranno con maggiore frequenza il tardo pomeriggio o la sera, incontrando amici e conoscenti nei bar e sorseggiando o mangiando qualcos’altro, alimentando per tale via il fatturato dei locali.
Più in generale, telelavoro è sinonimo di flessibilità.
Il telelavoro rivoluzionerà il nostro modo di vivere e anche il mercato immobiliare