Dimettersi volontariamente in cambio di soldi e pensione. In un periodo di crisi è inevitabile che a pagarne le conseguenze siano anche le aziende che non possono più mantenere gli operai e che, quindi, cercano soluzioni per ovviare a questo problema. Ci sono piccole aziende che decidono di licenziare e basta i loro lavoratori, permettendo a questi ultimi di percepire Naspi o in alcuni casi, di passare a periodi di cassa integrazione. Ci sono aziende più grosse che hanno modo di utilizzare degli strumenti assai particolari ma che possono fare comodo sia all’azienda che ai lavoratori.
“Salve a tutti, sono un operaio di un’azienda metalmeccanica di 62 anni. Lavoro in fabbrica da oltre 30 anni e vi vorrei proporre un quesito. So che in alcuni casi le aziende pagano i lavoratori per dimettersi. Mi sembra sia il caso della FIAT in Italia. So che ci sono possibilità di andare in pensione pagati dall’azienda per 5 anni. Di cosa si tratta? E come si possono sfruttare queste misure?”
Non dipende dal lavoratore ma dall’azienda, anche per le pensioni
Il nostro lettore anche se fa un po’ confusione, parla di misure effettivamente esistenti. È il contratto di espansione quello che lui indica citando una pensione anticipata di 5 anni pagata dall’azienda. E quando sostiene che ci sarebbero aziende che pagano per le dimissioni volontarie dei lavoratori, parla degli incentivi all’esodo. Aziende che hanno l’intenzione di ridurre l’organico dipendenti, di dotarsi di addetti più pronti alle nuove tecnologie e modernità e di svecchiare la forza lavoro, possono utilizzare il contratto di espansione. In questo modo si manderebbero in pensione i dipendenti che si trovano ad aver raggiunto 62 anni di età almeno o 37,10 anni di contributi per gli uomini e 36,10 anni di contributi per le donne.
Anche i soldi per dimettersi, e alle aziende conviene
L’azienda però deve attivare il contratto di espansione con richiesta al Ministero del lavoro. E soprattutto, deve trovare un accordo coi sindacati. Significa che il contratto di espansione non è automatico che quindi il nostro lettore anche se ha età e contributi utili, potrebbe non rientrare perché il proprio datore di lavoro non ha intenzione di attivare questi contratti di espansione. Quindi non dipende dal lavoratore dipendente ma piuttosto dall’azienda e da accordi ben più vasti con i sindacati. Lo stesso discorso si può fare per gli incentivi alle dimissioni volontarie per il quale il nostro lettore cita l’italiana Fiat. Naturalmente fa riferimento al colosso dell’Automotive Stellantis, multinazionale dell’auto nata dalla fusione tra i francesi di PSA (Peugeot, Citroen, DS e Opel) e gli italiani di FCA (Fiat Chrysler Automobiles). In questi mesi infatti Stellantis ha effettivamente attivato alcuni contratti di espansione nelle sue fabbriche dislocate sul territorio italiano e soprattutto ha attivato gli incentivi per le dimissioni volontarie.
Perché alle aziende conviene mandare in pensione i lavoratori
Un’azienda che paga i propri dipendenti affinché si licenzino: questo è quello che alcune imprese, soprattutto di grandi dimensioni, fanno. E sembra convenirgli per altre ragioni, oltre al rendersi più in linea con le nuove tecnologie. Un lavoratore più anziano costa di più rispetto a un giovane neo assunto. Questione di scatti di anzianità anche. Inoltre, le norme sono di vantaggio per le aziende. Basti pensare che il contratto di espansione prevede che l’accordo coi sindacati metta nero su bianco che ogni 3 prepensionamenti l’obbligo per l’azienda è di assumere solo un nuovo addetto.
Come funzionano gli incentivi alle dimissioni
Per spiegare il funzionamento di queste misure niente di meglio che la guida pubblicata in rete dai metalmeccanici della CISL. E proprio in riferimento a una misura simile presa a luglio (la Fim-CISL era presente all’accordo) per consentire a Stellantis un percorso di ricollocazione attiva per 1820 uscite volontarie da parte dei loro dipendenti. In Stellantis dal momento che presto la produzione di auto passerà dai propulsori a benzina e gasolio ai propulsori elettrici, si giustificano queste iniziative con la necessità di dotarsi di nuove competenze e di addetti più propensi alle nuove tecnologie. È per questo che si attivano gli incentivi alle dimissioni volontarie, che però spesso non sortiscono l’effetto sperato. Infatti, non avendo collegamento diretto con i contratti di espansione, spesso sono i lavoratori più giovani ad accettare soldi in cambio delle dimissioni, piuttosto che quanti si trovano a pochi anni dalla pensione vera e propria.
Ecco un esempio di programma con pensionamento anticipato e incentivi alle dimissioni
A lavoratori a 4 anni dalla pensione l’azienda ha offerto un assegno di prepensionamento che per 24 mesi sarà pari al 90% dell’ultimo stipendio e per gli altri 24 mesi pari al 70%. In aggiunta a questo, un extra importo pari alla contribuzione previdenziale di 4 anni. A chi non matura la pensione nei 4 anni, 75.000 euro di incentivi per dimettersi. In pratica, 24 mesi di stipendio più un premio di 20.000 euro se le dimissioni sono sollecite. Incentivi a scendere quanto più giovani sono i lavoratori che li accettano. È il metodo Stellantis, che abbiamo usato solo a titolo di esempio ma che dimostra bene quello che succede in alcune aziende e che il nostro lettore vorrebbe poter utilizzare.