A settembre, l’inflazione in Italia è volata al 2,6%, al 3% stando all’indice armonizzato Eurostat. Una batosta per i consumatori, ma anche per i possessori di BTp, entrati sul mercato di recente a prezzi alti e rendimenti molto bassi. Vediamo alla luce di questo dato, quale sarebbe oggi il rendimento reale offerto dai titoli di stato alle varie scadenze.
Partiamo dal BTp a 10 anni, che in queste ultimissime sedute viaggiano in area 0,85%, un po’ meno stamattina. Al netto della tassazione, parliamo dello 0,74%.
Inflazione e impatto sui BTp
Ed ecco che per queste ragioni dovremmo teoricamente immaginare di avere in portafoglio titoli più redditizi. La scadenza più longeva e, quindi, più benefica per l’obbligazionista sarebbe oggi il BTp 2072. Questo bond offre il 2,19% lordo, pari all’1,92% netto. A conti fatti, neanch’esso sarebbe in grado di proteggerci dall’inflazione. Ogni anno, la perdita inflitta al capitale sarebbe del di quasi lo 0,70%. Da qui alla scadenza, il rosso ammonterebbe a oltre il 34%.
In realtà, proprio perché l’inflazione sta salendo e i rendimenti nominali pure, un obbligazionista accorto dovrebbe accorciare la “duration” del suo portafoglio. In altre parole, rimpiazzare debito a lungo con debito a breve termine. In questo modo, ci si espone a minore volatilità e, soprattutto, quando i BTp a breve arriveranno a scadenza, potranno essere sostituiti con altri dal rendimento più alto. Il problema è che sulle brevi scadenze i BTp offrono rendimenti nominali negativi, cioè infliggono perdite certe anche nel caso di un’inflazione nulla.
Per fortuna, le probabilità che l’inflazione italiana resti al 2,6% per anni sono bassissime.