Il beneficio del c.d. ecobonus (detrazione fiscale, nella misura del 65%, delle spese relative ad interventi di risparmio energetico) è sempre di attualità. A volte perché oggetto di proroghe ad opera delle manovre di bilancio altre perché oggetto di modifiche all’interno di qualche decreto. La misura potrebbe, infatti, essere al centro del dell’ultimo decreto emanato a fronte dell’emergenza Covid-19 (ossia il c.d. decreto “Rilancio”).
L’agevolazione, si ricorda, consiste in una detrazione dall’Irpef o dall’Ires ed è concessa quando si eseguono interventi che aumentano il livello di efficienza energetica degli edifici esistenti (riduzione del fabbisogno energetico per il riscaldamento; miglioramento termico dell’edificio come ad esempio coibentazioni, pavimenti, finestre comprensive di infissi, ecc.; installazione di pannelli solari; sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale.
Possono usufruire dello sgravio fiscale tutti i contribuenti residenti e non residenti, anche se titolari di reddito d’impresa, che possiedono, a qualsiasi titolo, l’immobile oggetto di intervento. Nel dettaglio, sono ammessi all’agevolazione: a) le persone fisiche, compresi gli esercenti arti e professioni; b) i contribuenti che conseguono reddito d’impresa (persone fisiche, società di persone, società di capitali); c) associazioni tra professionisti; d) gli enti pubblici e privati che non svolgono attività commerciale.
Ammesso il doppio beneficio per le imprese
Per i titolari di reddito d’impresa è, tuttavia, possibile fruire della detrazione solo con riferimento ai fabbricati strumentali utilizzati nell’esercizio della loro attività d’impresa. Ciò ha, tuttavia, sempre indotto i contribuenti e gli operatori del settore a porsi la questione della cumulabilità tra la detrazione in commento e la deduzione.