“Hasta la Revolucion siempre”. Con questo storico motto, il presidente Raul Castro ha annunciato venerdì sera la morte del fratello Fidel, avvenuta a 90 anni, dopo averne trascorsi 47 da capo di stato e 10 in qualità di guida-ombra dell’isola, nonostante la lunga malattia e l’età avanzata lo abbiano tenuto sostanzialmente lontano dai riflettori sin dal 2006. E’ un momento storico per Cuba, che solo una ventina di giorni fa si è trovata a fare i conti con la vittoria di Donald Trump alle elezioni USA, un fatto che spariglia le carte dei rapporti con Washington, dopo il riavvicinamento avvenuto ufficialmente lo scorso anno con la visita a L’Avana di Barack Obama.
Iniziamo con una constatazione: è morto Fidel Castro, ma non il castrismo. In primis, perché il potere è adesso concentrato nelle mani del fratello 85-enne, che ha negli ultimi 5 anni aperto sì alle riforme, ma con un gradualismo esasperante e che ora potrebbe anche imprimere una qualche frenata, temendo di fare la fine di Mikhail Gorbacev nel 1991, che rimase travolto dal crollo del sistema comunista, che egli stesso aveva messo in moto con le riforme economiche e democratiche apportate; secondariamente, tutta la classe dirigente gerontocratica cubana difficilmente si discosterà dal marxismo-leninismo, che è per essa l’albero su cui sta seduta da una sessantina di anni.
Economia cubana stagnante da decenni
Lo stesso successore designato di Raul, che lascerà tra un anno e mezzo la presidenza, è un marxista convinto, tale Miguel Mario Diaz-Canel, 56 anni. In assenza di un qualche shock esterno al sistema politico cubano, di grandi passi in avanti non ne dovremmo notare e, anzi, il rischio che l’isola si chiuda a riccio, in difesa della sua identità socialista.
Eppure, il tracollo economico di Cuba è dietro l’angolo. Il paese da 11 milioni di abitanti ha un pil di poco oltre 60 miliardi di dollari, per una media di circa 6.000 dollari a testa. In teoria, saremmo dinnanzi a un’economia emergente dignitosa, nella pratica non è così. L’unità di misura con cui misuriamo la ricchezza della “baia dei porci” è in pesos CUC, la cosiddetta “moneda nacional”, il cui cambio è fissato a un irrealistico rapporto di 1:1 contro il dollaro USA. (Leggi anche: Cuba si prepara all’unificazione del peso)