Le riforme di Raul
In verità, i lavoratori cubani sono pagati per lo più in pesos CUP, il cui tasso di cambio è pari a 25 contro un dollaro. Cosa significa? Che il valore del pil sarebbe di gran lunga più basso di quello ufficiale, se teniamo conto del cambio reale tra pesos e dollari. In effetti, viene stimato poco oltre i 2.000 dollari all’anno, cioè all’incirca gli stessi livelli del 1959, anno della Revolucion.
Nel 2011, al fine di andare incontro all’esigenza di crescere e salvare il salvabile nell’ultima roccaforte al mondo del comunismo, Raul Castro ha varato una corposa lista di 178 riforme, di cui poche sono state effettivamente implementate.
Lavoratori cubani ancora quasi tutti alle dipendenze dello stato
Resta il fatto, che la quasi totalità dell’occupazione sia ancora assorbita dal settore statale: 5 milioni su una popolazione complessiva (compresi bambini e anziani) di 11 milioni. E l’80% dello stipendio dei lavoratori viene trattenuto dall’agenzia pubblica di collocamento, ente di cui non possono fare a meno nemmeno le imprese straniere autorizzate ad investire e ad assumere sull’isola.
L’economia cubana è poco dinamica, tanto che la sua produzione industriale è oggi ancora inferiore a quella del 1989, anno di caduta di gran parte dei regimi comunisti europei, come conseguenza del crollo del pil negli anni Novanta, quasi dimezzatosi (-46%), dopo 4 anni di durissima recessione, innescata dalla mancata erogazione degli aiuti da parte della disciolta Urss. (Leggi anche: Cuba, torna l’incubo degli anni Novanta)