Crisi umanitaria, esodo di profughi, problema per la sicurezza internazionale. La presa di Kabul da parte dei talebani, tornati al potere dopo 20 anni, scuote il mondo intero. E l’economia dell’Afghanistan, già misera di suo, rischia adesso di finire totalmente in ginocchio. Prima ancora che l’ex presidente Ashraf Ghani abbandonasse il paese per mettersi in salvo all’estero, le banche chiudevano gli sportelli e dai loro ATM non veniva quasi più erogato denaro contante.
Gli afghani sono disperati.
Economia Afghanistan, crisi brutale in corso
Ad aprile, la banca centrale disponeva di riserve valutarie per 9,4 miliardi di dollari, di cui 7 miliardi in titoli di stato USA e oro. Tuttavia, di queste la quasi totalità si trova depositata negli USA, dove le istituzioni hanno bloccato ogni possibilità di invio degli asset a Kabul sotto i talebani. Secondo l’ex governatore centrale Ajmal Ahmady, anch’egli fuggito all’estero, il regime islamista potrebbe mettere le mani solamente sullo 0,1-0,2% delle riserve.
A corto di riserve, il cambio è destinato a crollare senza alcun “floor”. E gli afghani stanno già facendo i conti con il boom dell’inflazione, tanto che Zamir Kabulov, inviato per l’Afghanistan del Cremlino, ieri si è appellato all’Occidente, affinché sblocchi i conti di Kabul. Ma neppure istituzioni internazionali come Banca Mondiale e Fondo Monetario hanno intenzione di erogare un solo dollaro, almeno fino a quando non si capirà se il regime dei talebani disponga di una credibile macchina burocratica e come vorrebbe spendere gli eventuali aiuti ricevuti.
Traffico di armi e droga
D’altra parte, c’è il timore che per disperazione il regime si dedichi al business del traffico di droga e di armi per ottenere fondi. L’Afghanistan coltiva la stragrande maggioranza dell’oppio venduto e consumato nel mondo. Il 95% dell’eroina consumata in Europa proviene proprio dai suoi campi. I talebani formalmente contrastano le coltivazioni di oppio, in quanto contrarie ai dettami del Corano. Tuttavia, da ribelli hanno lucrato da questo immenso affare, imponendo un’imposta del 10% e incassando fino a – si stima – 400 milioni di dollari all’anno, circa la metà delle loro entrate complessive.
Per questo, essi potrebbero avallare senza più freni questo business per cercare di guadagnare tempo, prima di mettere le mani sulle riserve valutarie “congelate” all’estero. Ma Ahmady rassicura che i fondi così ottenuti sarebbero esigui rispetto alle esigenze di cassa dello stato. Tutt’altra cosa rispetto a quando i talebani erano guerriglieri e avevano bisogno di fondi limitati per finanziare la loro lotta armata.
Ma lo spettro che anche solo come forma di ricatto Kabul inondi l’Occidente di droga è più che reale. Così come le Nazioni Unite avvertono che entro la fine dell’anno sarebbero mezzo milione gli afghani che lascerebbero il paese. Un’ondata di profughi dall’Asia, che avrebbe tutto il potenziale di scuotere economicamente e politicamente l’Europa come nel 2015 con la guerra in Siria. E tra nove mesi si celebrano in Francia delicate elezioni presidenziali.