Il nuovo redditometro non s’ha da fare. E’ durato ventiquattro ore il provvedimento firmato dal vice-ministro dell’Economia, Maurizio Leo, subito stoppato dalla premier Giorgia Meloni a seguito delle furenti polemiche in seno alla sua stessa maggioranza. Chiamiamola “gaffe”, anche se fa specie che su una materia così delicata e sotto elezioni il governo abbia compiuto un passo falso. Solo la politica può dilaniarsi in dibattiti a beneficio dei talk show, ma che alla fine hanno scarsa attinenza alla realtà.

Il redditometro rientra nel cosiddetto accertamento sintetico, che consiste nella determinazione del reddito imponibile di un contribuente tramite il monitoraggio delle spese effettuate.

Numeri miseri del redditometro

Esso si contrappone all’accertamento analitico, che si ha con la ricostruzione puntuale di ogni categoria di reddito e delle operazioni imponibili. La materia è molto più complessa di quanto possiamo spiegarvela in un paio di righe. Il punto è uno: l’accertamento sintetico esiste già, tant’è che Il Sole 24 Ore ha elaborato i dati pubblicati dalla Corte dei Conti sul 2022. Sono stati 3.000 i contribuenti ad essere stati sottoposti al cosiddetto redditometro e per i quali il fisco avrebbe scovato 350 mila euro di imposte non versate.

Spreco di energie nella lotta all’evasione fiscale

Questi numeri spengono nei fatti le polemiche politiche, nel senso che proverebbero che l’avallo all’accertamento sintetico non recherebbe alcun beneficio apprezzabile sul fronte della lotta all’evasione fiscale. I contribuenti italiani sono in tutto 41 milioni e le imposte non versate sono stimate nell’ordine tra 80 e 100 miliardi di euro all’anno. I 350 mila scoperti, non necessariamente recuperati, sono stati una goccia nell’oceano. A cosa servirebbe riattivare il redditometro, se si contassero sulle dita di una mano i casi di sottoposizione ad accertamento?

Si potrebbe eccepire che il fisco potrebbe fare molto di più se il legislatore potenziasse lo strumento o lo prediligesse in maniera chiara.

Ma la verità è che, con ogni probabilità, si resterebbe nell’ordine delle decine di migliaia di casi all’anno, con recupero complessivo di gettito per pochi milioni di euro. L’accertamento sintetico non sarebbe uno strumento applicabile ai grandi numeri. Serve a fare paura, a cercare di fare pesca a strascico. Per ogni caso sarebbero possibili così numerose contestazioni da renderlo uno spreco di risorse e tempo.

Accertamento sintetico aggirabile

Più che monitorare le spese, basterebbe che i funzionari facessero il lavoro di sempre: analizzare le singole operazioni. E c’è una mole di dati enorme a cui attingere per stanare eventuali incongruenze tra patrimoni e redditi dichiarati. Se vivi in un castello e dichiari di non guadagnare nulla, qualcosa non quadra. Oltretutto, chi evade il fisco non è detto che usi metodi di pagamento tracciabili. Per paradosso con l’accertamento sintetico c’è il rischio di colpire maggiormente i cittadini più onesti o meno disonesti. Agli altri basterebbe ricevere o effettuare pagamenti in contanti per nasconderli al fisco.

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