Non ci sarà Lionel Messi a giocare in Arabia Saudita per il prossimo campionato. Il campione del mondo argentino ha scelto di trasferirsi negli Stati Uniti, accettando l’offerta dell’Inter Miami. Ma il corteggiamento ad opera della Lega di Riad verso le stelle del calcio d’Europa prosegue senza sosta. Con ogni probabilità Cristiano Ronaldo sarà presto raggiunto da altri campioni per alzare il livello del campionato domestico. Nel frattempo, il regno può consolarsi con un colpaccio annunciato la scorsa settimana.

Il suo fondo sovrano, noto con l’acronimo PIF (Public Investment Fund), farà parte di una società di nuova costituzione che gestirà il golf mondiale.

Guerra del golf finita, colpaccio per MBS

Lo scorso anno, PIF aveva lanciato un circuito tutto proprio con la nascita di LIV. Il PGA Tour amministrato da Jay Monahan, che aveva subito annunciato una battaglia legale per impedire lo svolgimento di un torneo alternativo. Una situazione molto simile a quella della Superlega contro la UEFA nel calcio europeo. Le parti sono arrivate ad un accordo in gran segreto, spiazzando professionisti del calibro di Tiger Woods e Justin Thomas. Questi ci avevano messo la faccia per difendere il PGA Tour dalla concorrenza.

Nella società PIF avrà una quota di minoranza. Fatto sta che l’Arabia Saudita si è presa uno sport a colpi di denaro e lo co-gestirà per tutto il pianeta. Proverà a fare qualcosa di simile con il calcio. Attirerà almeno una ventina di grandi giocatori ad oggi ingaggiati dai principali club europei, al fine di portare lustro alla sua Serie A. L’obiettivo resta l’assegnazione dei mondiali di calcio per il 2030. Il regno non fa mistero di volerli organizzare. A quale fine? Rilanciare la propria immagine nel mondo e, di conseguenza, allentare la dipendenza dal petrolio.

Vision 2030: fine dipendenza dal petrolio

Era la primavera del 2016 quando il principe ereditario Mohammed bin Salman (MBS), oggi di 37 anni, svelava la sua “Vision 2030”.

Un corposo programma di riforme con l’intento di rendere l’economia saudita indipendente dagli idrocarburi entro il 2030. Per tendere all’obiettivo saltò subito all’occhio la necessità di rilanciare il settore privato e l’occupazione. In quest’ottica c’è stata negli ultimi anni una buona liberalizzazione economica. Ad esempio, le donne possono tornare a guidare sin dal 2018. E questo ha consentito a molte di loro di potersi trovare un lavoro. Tra il 2017 e il 2022, il tasso di occupazione femminile è più che raddoppiato dal 17% al 37%. Pur restando basso, è salito ai livelli dell’Italia meridionale.

PIF è determinante per diversificare l’economia dell’Arabia Saudita. Gestisce asset per 650 miliardi di dollari e detiene tra l’altro il 4% di Aramco, la compagnia petrolifera statale. Questa sola quota vale sugli 80 miliardi. E dietro gli investimenti sportivi c’è proprio il fondo sovrano, a conferma che si tratti di questione strategica. Il contrario di quanto fatto dalla Cina in questi anni, che ha cercato di concentrare gli investimenti all’estero in settori ritenuti strategici, tra i quali non figura lo sport. Il fatto è che i sauditi hanno necessità in parte diverse dai cinesi. Hanno un’immagine da svecchiare.

Tutti sappiamo che il regno segue costumi mussulmani ultra-conservatori e che in esso il ruolo della donna sia molto subordinato nella società. Il principe è consapevole da sempre che questa immagine continui a limitare l’ingresso nel paese di investitori stranieri. Molti temono che, sebbene l’Arabia Saudita fornisca potenzialità di crescita elevatissime, d’altra parte avrebbero problemi a risiedervi fisicamente per via della diversità dei costumi e delle leggi rispetto al mondo occidentale. Per questo MBS è persino arrivato a progettare la costruzione di Neom, un paradiso finanziario futuristico in pieno deserto e sottoposto a leggi proprie e diverse da quelle che si devono osservare nel resto del regno.

Arabia Saudita punta sullo sport per svecchiare l’immagine

Amnesty International parla di “sportwashing”, cioè del tentativo di Riad di ripulire la propria immagine grazie allo sport. L’esigenza è particolarmente avvertita da MBS dopo il caso Khashoggi. Un giornalista saudita, veemente critico della famiglia reale, fu barbaramente ucciso nel consolato saudita di Istanbul, in cui era entrato per ritirare documenti utili a sposare la sua fidanzata turca. La vicenda ha creato forti tensioni tra MBS e la stampa mondiale. Il principe teme che abbia rallentato la strategia di svecchiamento dell’immagine del regno. Cerca di recuperare il terreno perduto facendo leva sullo sport, capace come pochi altri ambiti di attirare le attenzioni delle masse e di stravolgere la percezione che esse hanno di una realtà poco nota.

Il petrolio incide ancora per un terzo del PIL saudita. Negli ultimi tempi, però, stiamo assistendo a cambi di passo clamorosi per Riad. In poche settimane, MBS ha riallacciato le relazioni diplomatiche con l’odiatissimo Iran. Si è altresì riappacificato con il regime siriano di Bashir al-Assad, invitando quest’ultimo al vertice della Lega araba. Ha stretto un’intesa crescente con la Cina, tra l’altro aprendo ai pagamenti del petrolio in yuan. Ha cercato una tregua nello Yemen, martoriato da una gravissima guerra civile da una dozzina di anni. Nel frattempo, sta normalizzando le relazioni con Israele e posto fine alle tensioni con il Qatar. Sempre più vicino, infine, alla Russia di Vladimir Putin. Viceversa, le relazioni con gli Stati Uniti sono ai minimi da oltre mezzo secolo.

[email protected]