A sorpresa, almeno sui tempi, il Tesoro ha reso noto nella serata di ieri di avere avviato la vendita accelerata di 91.965.735 azioni Eni. Dopo qualche ora, la diffusione dei risultati: prezzo di vendita pari a 14,855 euro cadauno, corrispondente a uno sconto dell’1,7% rispetto al prezzo di chiusura di borsa di ieri di 15,11 euro. La quota venduta corrisponde a circa il 2,8% del capitale e, a seguito dell’operazione, il Tesoro scenderà dal 4,8% a circa il 2%. L’incasso al lordo delle commissioni ammonta, quindi, a 1,366 miliardi.

Controllo resta in capo allo stato

Ad essersi occupati della vendita delle azioni Eni è stato un consorzio di banche a cui il Tesoro aveva affidato il mandato: Goldman Sachs, Jefferies e Ubs. Con loro si è impegnato a non vendere sul mercato ulteriori titoli della compagnia per i successivi 90 giorni. In gergo, si definisce periodo di lock-up. Lo abbiamo visto di recente anche con la vendita di quote del Tesoro in Monte Paschi di Siena.

Cosa succede all’azionariato di Eni dopo la cessione di ieri sera? Come detto, lo stato scenderà intorno al 2%. Tuttavia, la sua non è l’unica quota in mano al settore pubblico. Cassa depositi e prestiti, controllata proprio dal Tesoro, detiene un altro 28,5%. Complessivamente, quindi, lo stato scenderà da un capitale del 33,3% al 30,5%. Non c’è alcun dubbio che, con queste cifre, continuerà a mantenere il controllo del colosso energetico.

Quota Tesoro costante con buyback

In realtà, la cessione delle azioni Eni non è avvenuta casualmente sul piano temporale. Proprio ieri l’assemblea della compagnia approvava il bilancio con annessa distribuzione dell’utile e il buyback fino a 3,5 miliardi. Nel dettaglio, la società guidata da Claudio Descalzi è stata autorizzata a riacquistare fino a 328 milioni di azioni Eni. A seguito di questa operazione, che avverrà gradualmente nei prossimi mesi, la quota di Tesoro e Cdp nel complesso non solo non risulterà scesa, ma salirà persino al 33,8%.

Infatti, le minori azioni possedute peseranno di più sul totale delle altrettanto minori azioni ordinarie in circolazione.

E c’è anche il “golden power”, la legge che assegna poteri speciali allo stato in società considerate “asset strategici”. Tanto per fare un esempio, il governo può opporsi all’ingresso di soci sgraditi. La vendita delle azioni Eni di ieri, quindi, non è prodromica a un passaggio di consegne in favore di uno o più soci privati. Si tratta di un altro passo in avanti compiuto dal governo di Giorgia Meloni nell’ottica di implementare quel piano di privatizzazioni da 20 miliardi in tre anni, messo nero su bianco con il Def.

Cessione azioni Eni nel piano privatizzazione

Tra Monte Paschi e azioni Eni appena cedute l’incasso è stato già di quasi 3 miliardi dal novembre scorso. Probabile anche la cessione di una quota rilevante in Poste Italiane, così come in Rai Way e altri asset. Non sarà facile centrare l’obiettivo dei 20 miliardi, anche se il governo sta segnalando la volontà politica di ridurre leggermente il proprio peso nelle grandi imprese pubbliche per smaltire le emissioni gigantesche di debito pubblico.

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