Lo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina ha colpito duramente le azioni Unicredit, che in borsa quest’anno perdono già circa il 28%. Il titolo valeva 13,75 euro a inizio gennaio, mentre ha chiuso il mese di marzo a 9,86 euro. L’istituto milanese risulta il più esposto verso il mercato russo tra quelli europei, insieme all’austriaca Raiffeisen Bank. Vi opera attraverso la controllata UniCredit Bank Russia sin dal 1989 e con 70 filiali, 4.000 dipendenti e 1.500 clienti corporate (imprese). Nei confronti della controllata è esposta per 1,9 miliardi, mentre nel paese ha erogato prestiti per 7,5 miliardi.

Le esposizioni cross-border ammontano, invece, a 4,5 miliardi e altri 300 milioni, al netto del collaterale, sono derivati verso le banche russe.

A febbraio, subito dopo l’invasione dell’Ucraina è serpeggiato un certo timore con riferimento alla condizione finanziaria della banca. Le azioni Unicredit sono arrivate a dimezzarsi in meno di un mese, crollando dai 15,85 euro dei massimi dell’anno toccati il 10 marzo al minimo di 8,50 euro del 7 marzo scorso. Da allora, ha registrato un rimbalzo del 16%. Probabile, però, che siamo solo agli inizi.

In effetti, il CEO Andrea Orcel ha dichiarato nelle scorse settimane che anche Unicredit prende in considerazione di lasciare la Russia, una mossa seguita da moltissime multinazionali per mitigare il rischio reputazionale. Inoltre, Piazza Gae Aulenti ha stimato che nello scenario peggiore, le perdite intaccherebbero il CET1 di 200 punti base, facendolo rimanere sopra il 13%. E questa è la condizione necessaria fissata dall’istituto per eseguire il piano di buyback delle azioni Unicredit per 2,58 miliardi di euro. Nessun impatto neppure sulla distribuzione del dividendo cash da 0,538 euro per azione.

Rimbalzo azioni Unicredit sul fattore Russia (e non solo)

Al di là delle rassicurazioni, esistono diversi fattori oggettivi che spronano a guardare con maggiore fiducia alle azioni Unicredit e a fiutarne un ulteriore rimbalzo a Piazza Affari. Per prima cosa, c’è il forte recupero del rublo, tornato contro euro e dollaro ai livelli pre-bellici.

Proprio il crollo del cambio russo aveva fatto temere per le perdite, dato che i clienti avrebbero maggiori difficoltà a rimborsare i prestiti contratti in valuta estera. Inoltre, ad oggi la Russia non è andata in default, segnalando la volontà di continuare a onorare ogni scadenza. Ciò dovrebbe allontanare lo spettro di un crac generalizzato del sistema economico russo, sebbene il pericolo sia tutt’altro che scampato.

Non si sono ad oggi materializzate neppure le nazionalizzazioni – leggasi “espropri” – prospettati dal governo di Mosca ai danni delle società straniere che lascino il paese. Infine, le operazioni belliche russe potrebbero cessare entro le prossime settimane, prima che gli USA lascino scattare l’embargo anche ai pagamenti effettuati dalla Russia in favore dei creditori americani.

Non c’è solo Russia nel possibile rimbalzo delle azioni Unicredit. L’1 aprile è stata completata l’uscita di Unicredit dal mercato turco, un altro a forte rischio, con implicazioni positive sul CET1. E i tassi di mercato stanno risalendo in previsione di una stretta monetaria della BCE. Per le banche sarebbe positivo, dato che il loro business consiste nel prestare denaro a tassi quanto più alti possibili rispetto a quelli offerti alla clientela. Il margine d’interesse salirebbe dopo anni di depressione e ciò rinvigorirebbe i conti degli istituti. Per contro c’è il rischio che l’economia nell’Eurozona torni in recessione dopo due anni a causa del caro bollette. E poiché a soggiacere maggiormente a tale scenario sono Germania e Italia, i rischi di controparte per Unicredit aumenterebbero.

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