Se fosse per le banche italiane, lo spread oggi non sarebbe così basso. Come sappiamo, in questa fase sono le famiglie e gli investitori stranieri a fare incetta di titoli di stato. Le prime stanno approfittando dopo anni di interessi a zero per impiegare i loro risparmi a tassi più vantaggiosi. I secondi se l’erano data a gambe con l’aumento dei tassi nel 2022, ma negli ultimi mesi dello scorso anno sono tornati sulla prospettiva di un loro taglio e anche per la politica fiscale rassicurante condotta dal governo Meloni.

Fuga delle banche italiane dal debito pubblico

Le banche italiane, invece, erano state le salvatrici del debito pubblico dal 2011 in avanti. I loro acquisti di BTp arrivarono a più che raddoppiare in valore assoluto in pochissimi anni. Ciò contribuì a tenere lo spread sotto controllo. La liquidità arrivò in buona parte dalla stessa Banca Centrale Europea (BCE) tramite prestiti a lungo termine e a tassi infimi prima e mirati e sottozero successivamente. In un certo senso, si trattò di un salvataggio di sistema non ufficiale.

Conviene prestare denaro a famiglie e imprese

Ora che i tassi sono diventati più alti, però, le banche italiane non si stanno buttando sui BTp. Non li acquistano, o meglio, ne acquistano in quantità minore rispetto a quelli che arrivano a scadenza. E alcuni istituti vendono, magari per approfittare dei recenti apprezzamenti dei bond. Questa tendenza sembra contrastare con l’esigenza di fare profitti. I rendimenti sono più alti e, anziché comprare, vendono titoli di stato? La risposta è semplice: prestare denaro adesso conviene. Per anni non è stato così, per due ragioni: i tassi erano troppo bassi e le sofferenze troppo alte.

Praticamente, le banche italiane trovano più proficuo svolgere il loro mestiere naturale. Eppure, lo stock dei prestiti erogati sta diminuendo e non aumentando.

Come lo si spiega? Con i tassi aumentati, famiglie e imprese incontrano maggiori difficoltà nel rimborsare i prestiti ricevuti. A monte, quindi, gli istituti diventano più selettivi per tenere le sofferenze a bada. In effetti, in un anno al marzo scorso queste sono salite soltanto da 15,1 a 16,9 miliardi. E nel frattempo il tasso medio sui prestiti è passato dal 3,99% di aprile 2023 al 4,80% del mese scorso. Anche se le erogazioni sono scese da 1.801,9 a 1.776,5 miliardi, ne consegue che i ricavi dall’attività caratteristica sono aumentati ugualmente: da circa 72 a oltre 85 miliardi.

Stock in calo nei bilanci bancari

Tornando ai titoli di stato, le banche italiane a marzo ne possedevano per 346 miliardi, in calo dai 349,6 miliardi di febbraio. Da inizio anno lo stock risulta diminuito di 11,3 miliardi. Ancora più drastico il confronto su base annuale: -42,9 miliardi, cioè -11%. Cosa significano tutti questi numeri? Prestare denaro allo stato conviene più di prima, ma ancora più conveniente si rivela prestarlo a famiglie e imprese. D’altra parte, la BCE ha premuto per anni per allentare il legame tra bilanci bancari e dei governi (doom loop) e finalmente c’è stata l’occasione per smaltire i titoli di stato in pancia, resa possibile dall’ingresso sul mercato del canale retail. Questi ha effettuato acquisti netti per oltre 125 miliardi nel solo 2023 e ancora prosegue nello shopping, come segnala il buon andamento dell’ultimo collocamento del BTp Valore con ordini per 11,23 miliardi. Un passaggio di testimone temporaneo, in vista di un ritorno agli acquisti.

Banche italiane pronte a tornare sui BTp?

In effetti, più che di un addio, staremmo parlando di un arrivederci. E’ probabile che le banche italiane già in questa fase inizino a rivedere le loro strategie di business. I tassi di interesse hanno raggiunto il culmine e iniziano a scendere. A giugno la BCE li taglierà di un quarto di punto percentuale.

Tutto scontato dal mercato. Se l’allentamento monetario si rivelerà, strada facendo, dai ritmi più intensi delle previsioni, i bond si apprezzeranno ulteriormente e i loro rendimenti scenderanno. A beneficiarne maggiormente sarebbe la parte più lunga della curva. Ad essa probabilmente punteranno gli istituti per realizzare plusvalenze nel breve e medio termine.

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