La tassa straordinaria sugli extra profitti delle banche italiane rischia di compromettere la stabilità del sistema creditizio. Lo dice Christine Lagarde, presidente della Banca centrale europea che con una nota ufficiale ammonisce il governo Meloni su quanto introdotto con il decreto Omnibus dello scorso mese di agosto (DL 104/2023). E alla vigilia della scadenza della presentazione degli emendamenti prima di convertire in legge la misura.

Nella missiva della Bce indirizzata al governo è spiegato a chiare lettere la preoccupazione della Lagarde sulla stabilità del comparto bancario a seguito dell’introduzione della tassa sugli extra profitti.

L’imposta straordinaria – si legge – può rendere più costoso per le banche attrarre nuovo capitale azionario. Gli investitori potrebbero avere meno interesse a investire in banche italiane che hanno prospettive più incerte”.

La tassa sugli extra profitti delle banche al vaglio del Parlamento

Ma di cosa si tratta esattamente? La tassa sugli extra profitti bancari è una imposta di natura eccezionale e una tantum. Sostanzialmente è un’aliquota del 40% sull’incremento del margine di interesse 2023 rispetto al margine di interesse 2022. Imposta che non può superare la soglia dello 0,1% del totale dell’attivo relativo all’esercizio 2022. Il tributo andrà versato nel 2024.

L’introito, come nelle intenzioni delle’secutivo, andrà a finanziare un fondo speciale di ammortamento per il caro mutui bancari. Misura necessaria per sostenere le famiglie in difficoltà dopo l’impennata dei tassi d’interesse a seguito dell’aumento dell’inflazione. Quindi, rate calmierate per chi non potrà sostener ei costi ecessivi dei ricnari.

Fra gli emendamenti al vaglio del Parlamento prima della conversione del decreto dell’imposta sugli extra profitti della banche in legge ci sarebbe la necessità di escludere dalla tassazione i titoli di Stato in pancia alle banche. Ma anche l’introduzione di una norma che consenta la deducibilità della tassa al 50% e l’attenta calibrazione del prelievo in modo tale da non danneggiare le banche più piccole rispetto a quelle più grandi.

La questione politica e l’imposta sugli extra profitti

La Bce è allarmata dall’imposta sugli extra profitti del governo Meloni, ma di fatto la mossa è una contro misura adottata su pressioni della Lega per convincere Lagarde a interrompere la politica di rialzo dei tassi d’interesse. Da tempo Matteo Salvini (Lega) tuona contro i ripetuti interventi sul costo del denaro della Bce sostenendo che stanno mettendo in ginocchio l’intera manifattura europea.

La Banca centrale europea – dice Salvini – contro l’evidenza dei suoi stessi studi, annuncia di voler alzare ancora i tassi, colpendo pesantemente famiglie e imprese e non favorendo la crescita. Quella annunciata da Lagarde è una scelta insensata e dannosa, anche perché l’inflazione è stata causata dai prezzi dell’energia”.

Lo scontro con la Bce è quindi aperto da tempo. La lettera di Lagarde spiega, per altri versi, che la tassa sugli extra profitti pone dei rischi per la stabilità finanziaria, e in particolare ha il potenziale di compromettere la capacità di tenuta del settore bancario distorcendo il mercato. Questa la versione ufficiale. In realtà il presidente della Bce è preoccupato che la misura possa essere adottata anche da altri Stati europei.

Fra i due litiganti paga pantalone

Al di là del battibecco sulla tassa extra profitti, il rischio alla fine è che a pagare il conto di questo ammanco di denaro siano ancora una volta i clienti delle banche. Notoriamente gli istituti di credito compensano queste cose alzando il livello dei costi dei conti correnti con spese e gabelle di vario tipo. La tassa sugli extraprofitti è pericolosa da questo punto di vista.

Già oggi un conto corrente, fra imposte e spese di tenuta, può arrivare a costare per il singolo 100-150 euro all’anno.

Il doppio per le aziende. Con questa tassa in più, i mancati introiti potrebbero essere compensati da maggiori costi per mantenere inalterato il flusso degli utili a fine anno.