L’inflazione galoppa e per le pensioni le cose non si mettono bene. Un problema che tocca in particolar modo l’Italia fra i Paesi Ue per via del debito pubblico monstre e per la spesa che lo Stato deve sostenere per il welfare (più del 16% del Pil).

Così, se per molti altri Paesi il ritorno dell’inflazione rappresenta un problema sostenibile, per l’Italia le cose sono decisamente più preoccupanti. La spesa per le pensioni rischia di diventare una vera e propria bomba pronta ad esplodere sui conti dell’Inps.

Pensioni e inflazione, è allarme conti Inps

A lanciare l’allarme per l’ennesima volta è il presidente dell’Istituto Pasquale Tridico, in attesa di essere sostituito da un commissario di governo, che in una recente dichiarazione lancia l’allarme sulla tenuta dei conti dell’Inps. Nulla di nuovo per gli addetti ai lavori. Ma certo è che la preoccupazione per le pensioni sta salendo dopo i recenti restringimenti alle uscite anticipate approvati con la legge di bilancio.

Più nel dettaglio, Tridico fa notare come per il 2023 siano stati spesi 22 miliardi di euro in più solo per indicizzare l’importo delle pensioni all’inflazione. Spesa a cui non corrisponde un adeguato aumento delle entrate contributive per colpa dei salari bassi e delle politiche di decontribuzione per agevolare le assunzioni.

“Scontiamo già quest’anno un gap di 22 miliardi a fronte di un esborso deciso con la legge di bilancio e di mancati incassi contributivi. Per quanto tempo possiamo permetterci questo accumulo di gap?”

Uno squilibrio che L’Inps rischia di non riuscire a sostenere per troppo tempo se l’inflazione non dovesse rallentare. Problema con il quale dovranno fare subito i conti il commissario in arrivo e, successivamente, il prossimo Cda.

Da qui al 2029 il quadro non è positivo

Ma non è solo questo il problema.

Il rapporto fra lavoratori attivi e pensionati si sta deteriorando col passare del tempo e ciò minaccia la tenuta dei conti dell’Inps. E tutto parte dal calo demografico e dall’impoverimento del Paese che invecchia sempre di più. Il rapporto fra lavoratori e pensionati cala a 1,3 e arriverà a 1 entro il 2050.

In Italia ci sono 23 milioni di lavoratori che sostengono 16 milioni di pensionati su una popolazione di 60 milioni. Numeri che la dicono tutta sulla precarietà del sistema pensionistico italiano e sulla tenuta dei conti Inps nel lungo periodo. A ciò si aggiunge, dice Tridico, la:

“criticità nella gestione del pubblico impiego e per gli stipendi erosi dall’inflazione”.

Secondo i dati Inps dello scorso anno, quasi il 40% dei pensionati percepisce un reddito inferiore ai 12 mila euro lordi annui. Ne deriva anche una sorta di allarme sulla sostenibilità del sistema gestito dall’Inps, che nel 2029 potrebbe ritrovarsi con un patrimonio in negativo per 92 miliardi.

Bomba pensioni e tagli in arrivo

Dai dati dell’Osservatorio statistico sulle pensioni Inps emerge che il costo per prestazioni previdenziali nel 2021 ha raggiunto i 312 miliardi di euro (il 16,2% del Pil). Da notare che la voce che incide maggiormente sulle uscite è quella delle pensioni anticipate (il 56% del totale). Seguita dalle pensioni di vecchiaia (il 18%) e dalle pensioni ai superstiti (14%). Le prestazioni agli invalidi civili rappresentano il 7% del totale e le altre due voci (pensioni di invalidità e pensioni e assegni sociali), rispettivamente, il 4% e il 2%.

In questo contesto e tenendo presente i dati, bisogna necessariamente evitare che la spesa per le pensioni cresca ulteriormente nei prossimi anni. La tanto ambita Quota 41, quindi, rischia di non vedere mai la luce se non con i dovuti accorgimenti per chi decide di lasciare il lavoro in anticipo (ricalcolo contributivo?). Pena il default del sistema o l’inasprimento della pressione fiscale generale con conseguenze drammatiche per l’economia del Paese.