Se ne parla da almeno un anno, ma sembra essere cambiato poco ed eventualmente non in meglio. Il rilascio dei passaporti in Italia va molto a rilento e i ritardi possono arrivare anche a diversi mesi. La scorsa settimana, le associazioni dei tour operator hanno stimato in 300 milioni di euro le perdite accusate dalle agenzie turistiche, a causa della cancellazione di 167 mila prenotazioni. E la ragione è stata proprio l’assenza dei documenti in tempo per partire in vacanza.

Boom di richieste di passaporti

Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha snocciolato in Parlamento alcuni numeri per dimostrare che il caos passaporti sia dovuto ad una impennata eccezionale delle richieste.

Lo scorso anno, ha spiegato, ci sono stati 2 milioni 750 mila rilasci, in netto aumento da 1 milione 815 mila del 2022. Nei due anni di Covid, si era registrato un crollo di un milione di richieste, che aveva interrotto il trend di crescita degli anni passati. Nel 2019, ad esempio, queste erano salite a 1 milione 783 mila contro 1 milione 649 mila nel 2018 e 1 milione 485 mila del 2017.

Cosa sta facendo esplodere la domanda? Andiamo sempre più in vacanza in posti lontani, questo potremmo considerarlo un primissimo motivo. E con la pandemia molti di noi rinunciarono a rinnovare i passaporti in scadenza, date le limitazioni. Molte prime richieste non furono nemmeno presentate, finendo per accumularsi e ripercuotersi negli anni immediatamente successivi, cioè quelli che stiamo vivendo. E non dimentichiamo la Brexit. Con l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea nel 2020, gli italiani che volessero andare in vacanza o per lavoro a Londra, devono portarsi dietro il passaporto. La carta d’identità non basta più. Parliamo di centinaia di migliaia di persone all’anno.

Digitalizzazione matrigna

Per smaltire la domanda, il Ministero dell’Interno istituì in pandemia la procedura web per filtrare le prenotazioni. Un avvio di digitalizzazione, che avrebbe dovuto accelerare i tempi e ridurre i disagi a carico dei cittadini.

Come spesso avviene in Italia, le novità finiscono per accrescere i disagi e a farci rimpiangere i metodi antichi con carta e penna. In effetti, il caos passaporti inizia e spesso si conclude proprio su internet. Si entra con Spid sul sito della Polizia di Stato per prenotare un appuntamento e si scopre che non esiste alcuna disponibilità, se non magari dopo mesi e mesi. A quel punto, la procedura web spesso non consente più di andare avanti.

Il problema è che le prenotazioni vanno effettuate alla Questura dell’area di residenza, i cui uffici sono perlopiù aperti al pubblico 3 ore al giorno per 3 giorni a settimana. Praticamente, pochi fortunati riescono ad accedervi, a meno che non abbiano un’urgenza documentata per ottenere il rilascio dei passaporti in un paio di settimane (salute, lavoro, biglietto aereo già comprato, ecc.). Piantedosi ha promesso sin dallo scorso anno l’assunzione di personale per accelerare le pratiche. Sinora i risultati non si notano.

Progetto Polis d’aiuto, ma non del tutto

C’è il Progetto Polis che potrebbe perlomeno contribuire a ridurre il grado di frustrazione dei cittadini. Esso consente l’erogazione di diversi servizi tramite gli uffici di Poste Italiane. In una prima fase, riguarderà i Comuni fino a 15 mila abitanti. Tra le altre cose, si potrà fare richiesta dei passaporti e di altri documenti di identità. Ma i colli di bottiglia non saranno risolti ugualmente senza potenziare gli uffici delle questure. Sarà magari più facile e veloce prenotare, non ottenere il rilascio in sé.

La vicenda dei passaporti riassume tutte le inefficienze del sistema pubblico italiano. Anche con la carta d’identità elettronica il cittadino si è visto da tempo allungare i tempi per una prenotazione e complicate le modalità con cui effettuarla.

La digitalizzazione così com’è concepita in Italia, anziché essere di aiuto, diventa un ulteriore ostacolo da superare per accedere ad un servizio. Sono pochi gli enti e per pochi servizi a prevedere procedure completamente automatizzate. Una pratica che prima si sbrigava in un ufficio pubblico, oggi come oggi prevede sempre più spesso due step: internet + presenza fisica. Ma così non si aumenta l’efficienza, si rischia solo di complicare la vita al cittadino, che online non è nemmeno nelle condizioni il più delle volte di scegliere gli orari a sé più consoni per recarsi in ufficio. Con perdite di ore di lavoro, che si eviterebbero ricorrendo al buon senso dell’era pre-digitale.

[email protected]