Questo sarà l’ultimo mese in cui i percettori di reddito di cittadinanza considerati “occupabili” riceveranno l’accredito dall’Inps. Dal prossimo mese, lo perderanno coloro che hanno un’età inferiore ai 60 anni, che siano di sana e robusta costituzione fisica e senza minori a carico. Sempre a luglio, però, 1,3 milioni di nuclei familiari riceveranno la Carta Dedicata a Te. Trattasi di 382,50 euro una tantum per acquistare prodotti di prima necessità, ad esclusione degli alcolici. Vuole essere il tentativo del governo Meloni di offrire sollievo contro il carovita a molte famiglie in difficoltà.

Tra i requisiti necessari vi è un Isee non superiore ai 15.000 euro. Saranno i Comuni a spedire a casa i sussidi in forma di card, senza che i potenziali beneficiari debbano farne richiesta. Avranno la precedenza le famiglie con figli minorenni e composte da almeno tre persone.

Parte delle opposizioni ha ironizzato sulla “mancetta” del governo ai più poveri, pari a poco più di 1 euro al giorno per un anno. A dire dei critici, l’inflazione di cui è malata l’Italia in questa fase non corrisponde al costo di un caffè quotidiano al bar. Altre lamentele esistono circa certo “paternalismo” nell’erogazione dell’aiuto in denaro. Perché alcuni prodotti sì come il pesce fresco, mentre altri no come il pesce surgelato?

Eccesso di assistenza aumenta povertà

Tutte critiche che possono considerarsi azzeccate, se l’angolo visuale fosse corretto. Il problema della Carta Dedicata a Te non è di essere insufficiente per combattere l’inflazione, bensì di essere l’ultimo dalla infinita lista di sussidi erogati in Italia negli ultimi anni. Perlopiù hanno assunto il nome accattivante di bonus, al fine di addolcirne il significato per l’opinione pubblica. La verità è che di aiuti alle famiglie ne esistano fin troppi, non troppo pochi. Tra reddito di cittadinanza vecchio e nuovo, assegno unico, card ogni due e tre e bonus di ogni tipo, ad avere perso senso è il lavoro.

In ogni economia e in ogni tempo vi sono persone in difficoltà, che non riescono a far quadrare i bilanci e non per colpa loro. In un sistema sociale degno di questo nome, hanno tutto il diritto di essere aiutati dai contribuenti più fortunati. Questi otterranno un beneficio indiretto in termini di maggiore armonia sociale, tenuta dei consumi e finanche sicurezza personale. I problemi, come sempre, nascono con gli eccessi. I sussidi in Italia si sono moltiplicati secondo un’impostazione diventata sempre più clientelare e assistenzialistica. E la povertà, anziché diminuire, è esplosa nell’ultimo decennio.

I sussidi presentano due grossi limiti: qualcuno dovrà pagarli e disincentivano alla ricerca di un lavoro. Sul primo punto, non c’è discussione che tenga. Vuoi tramite aumento della pressione fiscale o il taglio di altre voci di spesa o ricorrendo all’indebitamento, i pasti gratis non esistono. I contribuenti saranno chiamati o subito o in futuro a pagare di tasca propria. Sul secondo è comprensibile che qualcuno eccepisca si tratti di un’argomentazione tipica dei ceti sociali più benestanti. L’idea che i poveri se la siano cercata, in fondo non è nuova. Il fatto è che l’eccesso di assistenza la rende veritiera. Si parte dal non accettare un lavoro considerato mal retribuito grazie ai sussidi incassati dallo stato e si arriva ad estraniarsi del tutto dal mercato del lavoro perché non si percepisce più l’esigenza di cercare un’occupazione.

Taglio sussidi necessario per favorire crescita economica

Le politiche improntate al taglio dei sussidi per rilanciare l’economia sono sempre state oggetto di critiche feroci degli avversari. Negli anni Ottanta, Ronald Reagan negli Stati Uniti e Margaret Thatcher nel Regno Unito si attirarono gli strali di un’ampia fetta dei media per la loro presunta insensibilità verso le sorti dei più poveri.

In pochi anni, i due dimostrarono che avevano ragione. Ridussero l’assistenza, le tasse, resero più libera l’iniziativa privata e l’occupazione tornò a crescere, così anche i consumi, gli investimenti e il PIL. E’ il contrario di quanto abbiamo fatto in Italia nell’ultimo decennio. Al grido di “ce lo dice l’Europa”, abbiamo inasprito la già altissima tassazione su imprese e famiglie, abbiamo dilatato l’assistenza oltre ogni immaginazione e siamo finiti per avere un’economia più piccola, più indebitata e con un’occupazione relativamente al resto d’Europa sempre scarsa.

Essere accusati di “affamare i poveri” tocca nell’animo anche il governante più cinico. Nessuno vorrebbe mai essere tacciato di ciò. Questo paralizza spesso l’operato dei governi e li rende proni ad inventarsi sempre nuovi sussidi, anziché cercare di risolvere alla radice il problema della povertà. Il governo Meloni sa benissimo che con la Carta Dedicata a Te non contrasterà affatto il carovita. Semplicemente, ha avvertito l’esigenza di tenere a bada possibili mugugni sociali sul taglio del reddito di cittadinanza, offrendo un contentino che possa cancellare il pregiudizio di avercela con i poveri. Se è stato il costo da pagare per rivedere il sistema dell’assistenza, chiudiamo un occhio e accettiamolo. Se fosse l’inizio di una nuova serie di sussidi paternalistici, anche no. Grazie!

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