Il catastrofismo può essere considerato un modo di vivere e di leggere le cose. E’ il contrario dell’ottimismo, una tendenza che consiste, invece, nel vedere aspetti positivi un po’ ovunque. Trattasi di una categoria mentale, che ha a che fare molto con lo stato d’animo di chi trova nel pessimismo quasi conforto, speranzoso che prima o poi qualcosa di brutto accadrà per avvalorare la propria tesi circa la negatività del mondo in cui viviamo. Anni fa, l’allora premier Matteo Renzi definì i catastrofisti “gufi”.

Il termine è in voga nel linguaggio popolare. “Gufare” significa proprio augurare il male agli altri. Di gufi è piena l’Italia. E la mentalità gufante è la prima disgrazia nazionale.

Fuori da picco della crisi

Ieri, la Banca Centrale Europea (BCE) ha annunciato il nono aumento dei tassi di interesse consecutivo. Il governatore Christine Lagarde ha fatto intendere che a settembre l’istituto potrebbe prendersi una pausa. Quand’anche proseguisse con la stretta monetaria, sarebbe verosimilmente l’ultima della serie. Un anno fa, fu varato il primo aumento del costo del denaro dopo undici anni. I gufi, tra cui numerosi economisti ed esperti finanziari, scommisero che l’economia italiana non avrebbe resistito a un impatto simile. Tra crisi dell’energia che divorava il potere di acquisto e tassi più alti che impattano negativamente sul bilancio statale, avremmo senz’altro capitolato.

L’apice delle criticità si ebbe in autunno. Le bollette di luce e gas erano impazzite, l’inflazione sfiorava il 12%, lo spread era salito a 250 punti e l’economia italiana arretrava. I gufi vi scorsero finalmente dati incontrovertibili sulle loro ragioni. Il default sarebbe stato imminente, sarebbe arrivato con ogni probabilità sotto forma di assistenza dell’Unione Europea, magari tramite ricorso al MES. Passano i mesi e tutto va storto, per i gufi. L’inflazione rallenta la corsa grazie al crollo dei prezzi di luce e gas, lo spread scende ai minimi dalla primavera dello scorso anno, il PIL torna a crescere e a ritmi superiori a quelli delle altre principali economie.

L’occupazione sale ai massimi storici e le previsioni degli organismi internazionali sull’economia italiana sono tutte riviste al rialzo. Il rapporto debito/PIL scende e il rischio sovrano percepito crolla.

Catastrofismo smentito dai fatti

Oggi, lo spread è sceso sotto 160 punti, praticamente ai minimi da quasi un anno e mezzo. Tutto questo con una Germania in recessione, il contrario di quanto previsto dai catastrofisti di professione. Va tutto bene? Non di certo. In assoluto la crescita del PIL resta bassa, ma la congiuntura europea non è delle migliori. E la spesa per interessi sale, riducendo i margini di bilancio del governo. Questo vale per tutti, persino per i tedeschi. Va da sé che con un debito elevatissimo come il nostro, i rischi fiscali legati all’aumento dei tassi siano maggiori. Nessuno lo nega. Ma è cosa diversa dal profetizzare un’apocalisse ogni due e tre.

Ma i gufi sono più resilienti della nostra stessa economia. Smentiti dai fatti, rinviano la visione dei loro disastri per i trimestri successivi. Se leggete qualsiasi quotidiano cartaceo o online, noterete che hanno spostato all’autunno prossimo l’appuntamento con nuovi cataclismi in arrivo. Il leitmotiv è lo stesso: i tassi saranno alti a lungo, lo stato dovrà spendere di più a causa dell’inflazione, il governo non potrà adempiere alle sue promesse elettorali e dall’anno prossimo ci sarà il ritorno all’austerità con il nuovo Patto di stabilità. Insomma, se la ridono come per dire che ci saremmo entusiasmati per nulla. Tra qualche mese i fatti sveleranno al mondo quanto avessero ragione. Sarà crisi economica, tensioni sociali alle stelle, default e il cielo si oscurerà.

Gufi sperano nell’autunno

La speranza dei gufi è che, come un orologio rotto segna l’ora giusto due volte al giorno, anch’essi prima o poi ci azzeccheranno per la semplice ragione che non sempre tutto può andare bene. Usciranno allo scoperto, stavolta nelle sembianze di avvoltoi, per spiegare al mondo che lo avessero previsto. Ciò che i gufi non capiscono del genere umano è che questi non si limiti a subire passivamente gli eventi, cercandovi di reagire per mantenere il proprio livello di benessere. E così accade anche per gli stati. Abbiamo appena superato una delle fasi dell’economia più difficili dal Secondo Dopoguerra, se non la più difficile. Ce l’abbiamo fatta anche grazie alla capacità degli stati europei di reagire compatti a un evento esterno disastroso come la guerra.

Prima ancora, la collaborazione era avvenuta sotto la pandemia. Anche in quel caso i gufi ci dissero che o saremmo morti tutti per il virus o per fame. Per fortuna non è accaduta né l’una e né l’altra cosa. Il mondo è andato avanti, ne è uscito ammaccato, per certi versi è cresciuta la consapevolezza della necessità di un riassetto geopolitico globale. Un male che può portare a un futuro più positivo. Ma questo i gufi non lo vedono, perché per natura fiutano solo guai e spargono pessimismo. Tuttavia, i dati hanno la testa dura. Mai tante persone hanno avuto un lavoro come oggi in Italia. Le famiglie sono tornate a investire in titoli di stato e hanno più che compensato i minori acquisti di investitori stranieri e BCE. I conti pubblici sono sotto controllo e l’economia tira, anche grazie al turismo. Spiace per i gufi, ma anche stavolta la catastrofe ci sarà la prossima volta.

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